In tema di contratti di finanziamento e determinazione del TAEG, una recente decisione ABF fa luce su un caso pratico.
Lo scorso febbraio una decisione dell’Arbitro Bancario e Finanziario ha stabilito l’obbligo da parte dell’intermediario di rideterminare gli interessi. Contestato un contratto di finanziamento e il calcolo del TAEG.
Una interessante decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario per la risoluzione stragiudiziale delle controversie è stata emanata lo scorso febbraio. In particolare, il Collegio di Napoli ha trattato il caso di un finanziamento con carta e l’applicazione di un TAEG più alto del dovuto, con asserito pregiudizio del soggetto finanziato.
Di seguito vogliamo focalizzarci sui contenuti della decisione, spiegando in sintesi la dinamica del fatto e giungendo poi a rimarcare le conclusioni adottate dall’Arbitro Bancario Finanziario.
La decisione ABF sul contratto di finanziamento con carta: il fatto concreto che ha condotto al provvedimento dell’Arbitro
In particolare, il provvedimento ABF ha preso le mosse da un contratto di finanziamento per una carta revolving sottoscritto l’11 maggio del 2011, e ha dato una risposta al ricorrente, insoddisfatto degli esiti dell’interlocuzione con l’intermediario – durante la fase di reclamo.
Il ricorrente ha infatti intrapreso la strada del ricorso ABF al fine di tutelarsi contro l’erronea indicazione del TAEG contrattuale (rappresentato nel 16,49% ma effettivo corrispondente al 19,345%). Ciò per una ragione ben specifica: la mancata inclusione nell’indicatore delle spese di tenuta conto.
In ragione di ciò, il ricorrente domandò al Collegio di acclarare e dichiarare il diritto alla restituzione di una ben precisa somma di denaro, pari a euro 2.796,44, più gli interessi. Ciò affermato sulla scorta delle regole normative vigenti in materia.
La difesa da parte dell’intermediario
Contro il ricorrente e per il rigetto del ricorso, l’intermediario si è costituito considerando:
- la correttezza del calcolo del TAEG conforme ai criteri pro tempore vigenti di cui alla legge n. 142 del 1992 e al D.M. del Ministero del Tesoro dello stesso anno, in ragione di cui le spese di tenuta conto non dovevano essere incluse ai fini della determinazione del TAEG;
- che solo con le modifiche introdotte dal posteriore D.lgs. n. 141 del 2010 e dalla correlata normativa secondaria emessa dalla Banca d’Italia il 9 febbraio 2011, le istituzioni hanno scelto di inserire i costi citati dal ricorrente nel calcolo del TAEG.
L’intermediario ha dunque rimarcato che detta ultima normativa trova applicazione a partire dal primo giugno 2011, ricordando che il contratto di finanziamento in oggetto era stato perfezionato in epoca anteriore.
La decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario: i passaggi chiave
Sulla scorta di quanto appena ricordato e in base alla documentazione emersa nel procedimento, l’Arbitro si è pronunciato nei termini seguenti:
- preliminarmente l’autorità ha rilevato che la domanda restitutoria formulata dal ricorrente è da ritenersi fondata sulla normativa vigente all’epoca della sottoscrizione del contratto di finanziamento (11 maggio 2011). In gioco infatti l’art. 124 TUB (l’art. 125-bis è entrato in vigore dopo, dal primo giugno 2011) come interpretato dal Collegio di Coordinamento con decisione n. 23293 del 2018.
- Il D.M. dell’8 luglio 1992 escludeva dal calcolo del TAEG “le spese di trasferimento fondi e di tenuta di un conto destinato a ricevere gli importi dovuti dal consumatore, purché questi disponga di una ragionevole libertà di scelta e le spese non siano anormalmente elevate”.
- L’esclusione dal calcolo non è dunque da intendersi valevole per qualsiasi generalizzata spesa di tenuta del conto, ma solo per quelle legate ad un conto “destinato a ricevere gli importi dovuti dal consumatore”.
- Il contratto di finanziamento contestato dal ricorrente non è da intendersi legato ad un conto di gestione a servizio del debito. E i costi definiti in contratto di ‘tenuta del conto’ “appaiono più propriamente collegati alla tipologia del credito concesso (rotativo) e ai meccanismi del relativo funzionamento, tanto da essere considerati nello stesso contratto come costi di “gestione” della linea di credito (art. 10 del contratto)”, sono le parole usate dall’Arbitro per chiarire i contenuti della sua decisione.
In ragione di quanto riportato, l’ABF ha ritenuto illegittima l’esclusione delle riferite spese, ad opera dell’intermediario, nel momento in cui ha proceduto alla determinazione del TAEG contrattuale. Proprio l’Arbitro non a caso segnala altresì che il detto TAEG – ricalcolato includendo tali costi – risulta corrispondente al 19,17% e perciò di gran lunga più elevato rispetto a quanto indicato nel contratto di finanziamento.
Ecco perché in chiusura del provvedimento l’Arbitro, dopo aver accertato la nullità della clausola determinativa degli interessi, ha dichiarato l’intermediario “tenuto alla rideterminazione degli stessi e degli altri costi nei sensi di cui in motivazione, oltre agli interessi dalla data del reclamo”.