La retribuzione delle giornate di ferie obbligatorie non può essere più bassa di quella del periodo lavorativo. Lo ha stabilito una recente sentenza della Corte di Cassazione.
La sentenza nr. 20196/2022 del 23 giugno scorso, emessa dalla Corte di Cassazione, ha affermato che lo stipendio da versare per quel che riguarda i periodi di ferie obbligatori non può essere inferiore a quello delle normali giornate lavorative.
Questo vale quindi per tutti i contratti collettivi del lavoro, che non devono avere nessun tipo di clausole per aggirare questo principio.
Tutto è partito dal ricorso avanzato da un dipendente di una compagnia aerea che alla fine del 2008 aveva ricevuto una retribuzione inferiore nei giorni di ferie rispetto a quella percepita nel lavoro ordinario. Il regolamento interno prevedeva infatti delle clausole al contratto che non consideravano alla stessa stregua gli importi dell’indennità di volo integrativa annua, l’indennità di volo oraria e quella di volo ristrutturazione.
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Il dipendente si è visto confermare dal tribunale di Civitavecchia la nullità di tali clausole contrattuali e nello specifico che lo stipendio avrebbe dovuto tener conto anche dell’indennità di volo per quel che riguarda i giorni di ferie obbligatori minimi.
L’articolo 236 della nostra Costituzione assicura il diritto alla retribuzione minima sia quando il lavoratore presta la sua opera sia quando è in ferie. l giudici hanno quindi trovato delle chiare incongruenze su quanto accaduto al lavoratore perché la compagnia aerea aveva stabilito la retribuzione in una misura mensile fissa ma l’indennità di volo era stata separata in due parti: indennità di volo integrativa e indennità di volo minima garantita. La prima è quella riferita alle effettive ore di volo effettuate mentre l’altra veniva stabilita in base all’anzianità di servizio in misura fissa.
Inoltre il Tribunale ha rilevato come sia stato non conforme all’art 36 della Costituzione anche lo stipendio versato, quanto a qualità e quantità del lavoro svolto dal dipendente. Questo perché anche i principi comunitari UE stabiliscono che durante le giornate di ferie non può esserci una discrepanza così elevata tra lo stipendio percepito e quello versato mentre si lavora.
Da qui le motivazioni con le quali i giudici hanno scelto di respingere il ricorso che la compagnia aveva avviato alla pronuncia della sentenza. Pur riconoscendo che la retribuzione viene stabilita dai contratti collettivi nazionali del lavoro la Cassazione ha anche sottolineato come sia infondata l’accusa di lesione della libertà di impresa e di libertà sindacale promossa dalla compagnia aerea. Questo perché la contrattazione collettiva si muove in simbiosi con i principi del diritto dello Stato e quelli dell’Unione che appunto convergono sulle stesse disposizioni e sulle medesime normative collettive contrattuali.
In conclusione il ricorrente ha vinto la sua battaglia perché la Corte di Cassazione ha ritenuto nullo l’art.10 del Ccnl aereo, affermando che per ciò che concerne le quattro settimane di ferie stabilite dalla normativa nazionale la retribuzione degli stessi giorni di ferie non può essere minore rispetto a quella dei giorni di lavoro.
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