La multinazionale petrolifera ExxonMobil si prepara a ridurre progressivamente il suo organico negli Stati Uniti in misura tale da compensare il calo degli introiti che avverranno nei prossimi cinque anni.
La ExxonMobil è uno dei principali gruppi mondiali nel settore energetico degli idrocarburi, di conseguenza è anche tra i settori maggiormente responsabile delle emissioni inquinanti.
Il settore degli idrocarburi sarà il primo in ordine di importanza a venire ridimensionato dalla rivoluzione verde in atto, a partire da Europa e Stati Uniti, che hanno voluto impegnarsi politicamente verso obbiettivi ecologici per una totale decarbonizzazione dell’economia entro i prossimi trent’anni, con importanti accelerazioni al fine di riuscire a rispettare le tappe del progetto, con effetti che per questo si scontano a partire già da oggi.
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ExxonMobil ha calcolato che in un periodo di tempo compreso tra i tre e i cinque anni avrà necessità di ridurre il suo organico, che solo in Italia conta almeno 850 dipendenti, tra il 5 e il 10% all’anno. Questo significa che entro il 2030, quando in Europa si prevede il raggiungimento dell’obbiettivo di riduzione delle emissioni inquinanti di almeno al 50%, ExxonMobil avrà dimezzato il suo personale.
La revisione periodica delle necessità aziendali, ha preso in considerazione le performance connesse alla produttività del personale, che è stato ritenuto non strettamente indispensabile e in esubero rispetto ai profitti della società. Non solo operai, ma personale qualificato in aree come ingegneria, finanza e project managment.
Tra quest’anno e il 2022 Exxon rinuncerà almeno a 14.000 dipendenti, in un clima che in questi ultimi mesi è stato particolarmente turbolento, non solo per Exxon, quando a maggio gli azionisti di maggioranza hanno votato a favore della sostituzione di un quarto dei dirigenti aziendali con figure più in linea al rinnovamento ecologico, ma nello stesso settore anche per Shell, costretta da una sentenza storica a rispettare per legge un piano di riduzione delle emissioni inquinanti.
Tra i paesi più a rischio dell’effetto dei licenziamenti ci sono gli Stati Uniti, in cui Exxon ha il 40% dei suoi dipendenti su un totale di 72.000 che lavorano in tutto il mondo. Nonostante il future sul Brent Oil sia arrivato a 75 dollari al barile, continuando a stabilire nuovi record e raggiungendo il suo massimo degli ultimi due anni, Exxon ha evidentemente preso consapevolezza dell’impossibilità di dover ripensare il modo nel quale fino a oggi è riuscita a trarre profitto dal settore energetico, ricollocando parte dei suoi investimenti nelle rinnovabili, nel tentativo di arginare le perdite che soltanto nel 2020 sono costate all’azienda, anche a causa dei fermi produttivi, un ridimensionamento dei costi aziendali pari di 3 miliardi di dollari.
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Dal punto di vista delle sue quotazioni, ExxonMobil a partire da gennaio 2021 ha visto crescere il suo valore passato dai 44,9 dollari ai 62,5 attuali per un incremento del 56,5%. Attualmente i prezzi delle azioni della multinazionale degli idrocarburi si trovano in una configurazione tecnica che sembra chiudere la formazione di un triplo massimo, che preannuncia un’inversione di tendenza per un eventuale nuovo trend short.
Il prezzo a partire dal 11 marzo di quest’anno fino al massimo raggiunto il 13 giugno, era stato venduto a un prezzo compreso tra i 62 e i 64 dollari, con un ritracciamento che nell’ultima parte del trend rialzista aveva riportato le quotazioni ai 60,24 dollari chiudendo al 50% del suo sviluppo, senza tuttavia dare segnali concreti per la possibilità di un nuova onda rialzista, che se dovesse verificarsi porterebbe le quotazioni oltre i massimi del 13 giugno, fino a obbiettivi di prezzo intorno ai 67 dollari. In ottica ribassista dovremmo invece attendere nei prossimi giorni la violazione del supporto di prezzo posto a 58,16 dollari.
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