L’Unione Europea pianifica di imporre dazi doganali ad alcuni beni di importazione, prodotti in nazioni che non stanno rispettando gli standard ecologici secondo il processo di decarbonizzazione.
I nuovi standard ecologici concertati a livello europeo e internazionale stanno modificando sempre più il mercato e innescando nuove tendenze, che si accordano ai piani per la riduzione progressiva delle emissioni inquinanti.
Al fine di conseguire in modo coerente gli obbiettivi ecologici, la Commissione Europea sente forte la necessità di introdurre delle penalità per i paesi che vogliono avvantaggiarsi del mercato europeo, vendendo al suo interno acciaio, cemento e alluminio, prodotti senza rispettare gli standard ecologici, a cui invece sono sottoposti i produttori dei ventisette paesi membri.
È la prima volta che un insieme di paesi, considera l’impatto delle proprie politiche in termini planetari e non più soltanto rispetto agli effetti delle leggi nazionali sul proprio territorio.
Le politiche ambientali dell’Unione Europea
Vedremo nella prima metà di luglio se queste iniziative si tradurranno in una serie di leggi, che vincoleranno la libertà di circolazione dei beni al loro impatto ambientale, trasformando le iniziative federali in una realtà, anche per tutti quei paesi che non hanno aderito volontariamente agli obbiettivi di azzeramento delle emissioni di gas serra fino al 2050.
L’iniziativa prevista per il 14 luglio, prevede una serie di regolamenti al fine di tagliare le emissioni inquinanti del 55% entro il 2030. Questo avrà naturalmente delle ricadute economiche collaterali a partire dal settore dei trasporti, fino alle catene di approvvigionamento, coinvolgendo praticamente tutta la filiera produttiva, dovrà impegnarsi a riconvertire i sistemi di approvvigionamento energetico e mantenere entro una certa soglia quella derivante dai carburanti fossili.
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Gli effetti sull’economia delle politiche ambientali europee
Oggi giorno la produzione di carbone sconta già gli effetti di future limitazioni e tassazioni imposte sulla base delle sue caratteristiche inquinanti, i prezzi sulle opzioni dei permessi europei sulle emissioni inquinanti sono cresciuti verticalmente a partire dal 15 aprile, quando hanno superato i massimi degli ultimi due anni fino a raggiungere i 60 euro per tonnellata.
L’Europa si prepara a essere leader nel perseguire il progetto per un Unione Europea a impatto zero. Questo coinvolgerà necessariamente i suoi rapporti diplomatici con paesi come Cina e India, che verranno penalizzati rispetto ai nuovi parametri sulle emissioni, comportando al contempo un vantaggio per il mercato europeo, che potrà avvantaggiarsi innescando un circolo virtuoso, nell’adeguamento e nel perseguimento degli standard ecologici.
Il costo delle emissioni nel paese penalizzerà sempre più tutte quelle realtà, così come è accaduto recentemente per la compagnia petrolifera Shell, che non seguono il passo delle tabelle di marcia volute per volontà politica dai ventisette paesi. Il costo delle emissioni è aumentato quest’anno più del 50%, questo significherà per le aziende che non si adeguano rischiare di diventare sempre meno competitive.
Oltre i settori comunemente rinomati per il loro impatto ambientale, i regolamenti sulle emissioni di gas serra coinvolgeranno secondo il loro peso ecologico, il settore manifatturiero, responsabile per il 31% delle emissioni inquinanti, il settore elettrico con il 27%, l’agricoltura con il 19%, i trasporti con il 16% e il settore delle costruzioni che incide negativamente sulle emissioni di Co2 per il 7%.
Questo significa anche ridurre l’utilizzo di fertilizzanti, gli allevamenti di bovini, e implementare un’agricoltura basata sulla produzione di biocarburanti. Una simile iniziativa è stata sostenuta in collaborazione con Energy Catalyst, un programma fondato e finanziato da Bill Gates che ha investito nel progetto più di un miliardo di dollari.