La Banca Centrale Europea è chiamata a tenere uniti gli interessi dei paesi membri dell’euro.
Il rischio è che la BCE possa anteporre al suo mandato primario, quello della stabilità dei prezzi, la sicurezza contro l’eventualità di frammentazione dell’eurozona.
I motivi per l’indebolimento dell’euro non mancano; la stabilità dei prezzi rischia di mandare in frantumi la moneta unica per il collasso delle economie che vi partecipano. La priorità delle banche centrali non considera attualmente il pericolo di una conseguenza a lungo termine sugli Stati democratici. Tra questi in particolare l’Europa gioca un ruolo in primo piano in termini di esposizione al rischio in quanto formata da Stati indipendenti anche sul piano finanziario.
L’eurozona rimane al momento vincolata in modo indiretto attraverso il mercato e la moneta unica. Una nuova forza coesiva sembra l’alternativa all’attuale debolezza politica del continente. Dal punto di vista economico l’Eurozona è una delle aree più produttive al mondo. Con i suoi circa 340 milioni di cittadini nel 2021 è stata in grado di generare qualcosa come il 15% della produzione economica globale.
L’euro rimane il testimone della capacità coesiva dell’economia degli Stati membri. Dal 2012 l’eurozona a differenza degli Usa ha sempre chiuso in positivo il saldo delle partite correnti; formato dalle transazioni internazionali in merci e servizi, negli anni fra il 2013 e il 2021 l’eccedenza si è persino attestata all’1,9% oltre la produzione economica annuale.
Sul piano internazionale l’euro gioca un ruolo da mediatore tra renmimbi cinese, Yen e Dollaro Usa. Uno sbocco di mercato che rimane alternativo all’autocrazia cinese e alla singolare economia giapponese che si trova con un invecchiamento demografico e un debito pubblico record.
Sebbene alcune valute rimangano quindi fondamentalmente più forti rispetto all’euro non bisogna sottovalutare la temporaneità ed eccezionalità del trend attuale. È notizia recente che la banca Usa Goldman Sachs ha annunciato un calo del 43% degli utili nel terzo trimestre, appesantita dal calo delle attività di investment banking.
Mentre a breve termine, il dollaro USA rimarrà la valuta favorita a causa delle ripercussioni dell’aumento dei tassi d’interesse e della guerra in Ucraina. Quella Usa è di fatto l’economia maggiore che ha partite correnti perennemente in deficit. Ciò significa che il dollaro tornerà a scontare i suoi fondamentali non appena la solidità percepita sul breve termine ricadrà sulle prospettive di indebolimento economico e una possibile inversione degli aumenti dei tassi di interesse.
Dopo Trump gli Stati Uniti scontano anche problemi interni che rischiano di minare la loro credibilità istituzionale e di conseguenza la stabilità del dollaro. Chi avrebbe mai detto prima del 6 gennaio 2021, che un Presidente avrebbe deliberatamente avallato un assalto a Capitol Hill e contestato la legittimità dei risultati elettorali solo per il proprio tornaconto?
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