Gli investimenti socialmente responsabili attraggono sempre più capitali e si prevede che questa tendenza possa accelerare ulteriormente nei prossimi anni. Vediamo le caratteristiche principali di questa innovativa modalità di valutazione degli strumenti finanziari.
“ESG” è l’acronimo di “Environmental Social Governance” e consiste in un metodo innovativo di valutazione delle performance di un’impresa (o di un asset ad essa legato) basato non sul tradizionale aspetto legato ai risultati economico-finanziari, ma sull’impatto che la sua attività genera dal punto di vista ambientale, sociale e delle forme organizzative adottate nei luoghi di lavoro.
In un periodo storico durante il quale l’attenzione, sia delle istituzioni che dei mezzi di comunicazione, è sempre più rivolta ad aspetti come la tutela dell’ambiente, le preoccupazioni relative al cambiamento climatico, la parità tra sessi e la solidarietà sociale, ormai tantissimi investitori valutano gli asset a propria disposizione (azioni, obbligazioni e così via) sulla base di questi criteri. Attualmente, infatti, secondo Google Trends, le ricerche riguardanti questo argomento hanno superato i livelli, già da record, raggiunti nel 2020.
I migliori strumenti per effettuare “investimenti ESG” sono messi a disposizione, al momento, da istituzioni finanziarie come BNP Paribas, UBS, Amundi e HSBC.
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L’acronimo “ESG” è diventato famoso a partire dal 2005, nell’ambito di un’iniziativa sponsorizzata dalle Nazioni Unite, che individuava i temi dell’ambiente, del sociale e della governance come aspetti fondamentali su cui ogni impresa dovrebbe prestare attenzione nello svolgimento delle proprie attività operative e gestionali. Successivamente, questi fattori (chiamati “fattori ESG“) sono diventati delle componenti chiave di analisi degli investimenti: perciò, data l’importanza che rivestono nel determinare la reputazione aziendale, è molto importante per le imprese adottare pratiche virtuose in tema socio-ambientale.
Ciascuna delle tre parole che compongono l’acronimo “ESG” ha un significato specifico che evidenzia gli aspetti, diversi dal ritorno economico, su cui si concentra l’attenzione degli investitori nel valutare (ad esempio) una società e, di conseguenza, il proprio titolo azionario. Di seguito, viene proposta una spiegazione dettagliata che sintetizza l’approccio ESG, differenziando tra i tre termini:
Oltre alla possibilità di investire in azioni di società che dimostrano comportamenti virtuosi in ottica ESG, sono state introdotte di recente anche le cosiddette “obbligazioni verdi” o “green bond“, finalizzate ad, esempio, a finanziare progetti che mirano a combattere il riscaldamento globale.
Proprio nei primi giorni di marzo, il Tesoro italiano ha emesso per la prima volta i Btp green, ovvero un titolo di Stato i cui introiti saranno destinati esclusivamente al finanziamento delle spese sostenute dallo Stato italiano per la tutela dell’ambiente. La scadenza è fissata al 30 aprile 2045 e prevedono il pagamento di una cedola annua dell’1,45%.
Vi sono anche esempi di “obbligazioni sociali“, i cui proventi sono dedicati a progetti volti a migliorare il benessere sociale o ad aiutare le popolazioni svantaggiate.
In questo contesto legato alla “Environmental Social Governance”, si parla spesso di “investimento sostenibile“. Si tratta di un’espressione riferita a strategie di investimento in cui i fattori ESG rappresentano una parte significativa delle analisi di un investitore. Se il gestore del capitale da investire rispettando questo approccio è un fondo di investimento, si parla di “fondo ESG“.
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Questo approccio di valutazione degli investimenti basato su aspetti diversi dalla mera convenienza economica, affonda le proprie radici nel XVIII secolo, quando alcuni gruppi religiosi cercavano di investire in modo coerente con i propri valori: ad esempio, evitavano di investire in attività che facevano ricorso alla tratta degli schiavi. Inoltre è generalmente riconosciuto che proprio dei diffusi boicottaggi a danno delle aziende sudafricane, durante gli anni ’70 e ’80 del Novecento, hanno dato un grosso contributo nell’eliminazione dell’Apartheid.
La modalità di investimento appena descritta viene definita “SRI” (ovvero “Sustainable and Responsible Investment“, detto in italiano “investimento socialmente responsabile”) ed è caratterizzata da un approccio finalizzato innanzitutto ad escludere, tra le varie opportunità di investimento, società coinvolte in settori di attività non graditi all’investitore o che non rispecchiano i suoi valori morali: ad esempio, un investitore amante di uno stile di vita salutare potrebbe escludere società produttrici di tabacco e alcol, un altro che ripudia i conflitti potrebbe decidere di evitare di investire in società che producono armi.
Si tratta quindi di un approccio negativo, in base al quale l’investitore elimina dal ventaglio delle possibili opportunità i titoli di quelle società che svolgono attività in contrasto con i propri principi.
Una ricerca condotta da New York Life Investments (società di gestione degli investimenti statunitense) ha affrontato questo argomento con un pool di 2800 consulenti d’investimento. L’analisi è stata condotta a Marzo 2020 e la domanda posta era la seguente: “Perché lei o la sua organizzazione prendete in considerazione i fattori ESG nelle vostre decisioni di investimento? “.
Dalle risposte dei consulenti è emerso che la gestione del rischio e la domanda dei clienti sono stati i fattori più importanti a supporto dell’investimento ESG durante il 2020.
Il dovere fiduciario si è classificato al terzo posto. Per dovere fiduciario si intende l’obbligo morale di un consulente finanziario professionista di agire esclusivamente nell’interesse del cliente.
Il miglioramento della reputazione della società per cui lavora il consulente, o il miglioramento della propria reputazione se è indipendente, sono invece al quarto posto di questa classifica.
Infine, il miglioramento dei rendimenti finanziari è stato il quinto driver degli investimenti ESG. Nel 2020, infatti, 22 su 23 fondi dell’indice ESG hanno performato meglio del loro analogo indice non ESG.
Dalla ricerca è risultato anche che, nel 2020, il 47% degli investitori nel settore ESG, impiegava i propri capitali in questi strumenti al fine di esprimere i propri valori personali o supportare le aziende che stavano dando un contributo positivo alla società e all’ambiente. Ciò dimostra quanto questi temi stiano diventando prioritari nella considerazione popolare a livello mondiale.
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Nel 2020, il 10% degli investitori al dettaglio ha investito in ESG. Ancora più rilevante, però, è evidenziare come l’interesse per l’ESG sia molto più alto. Infatti, quasi il 70% degli investitori individuali ha espresso interesse verso strategie di investimento basate sui fattori ESG. Come mostra la ricerca, questo divario tra investitori effettivi e investitori potenziali potrebbe essere dovuto al fatto che solo il 41% dei consulenti ha parlato ai clienti di investimenti ESG.
Si prevede infatti che, entro il 2025, gli investimenti ESG raggiungeranno un’ammontare di circa 53 trilioni di dollari a livello mondiale, ovvero un terzo del capitale complessivamente investito in qualunque tipo di asset.
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