Energie rinnovabili: come e dove investire nel 2022

Entro il 2050, le energie rinnovabili come quella eolica. solare e geotermica dovrebbero rappresentare metà della produzione globaile. Il dato della US Energy Information Administration conferma gli sviluppi del settore, già oggi evidenti e in grado di costituire una fonte di investimento remunerativa.

controllo energia globale

Il futuro sembra quindi sempre più vicino a fare a meno delle fonti fossili a favore delle rinnovabili. Secondo le previsioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Europea entro il 2025 saranno destinati al settore 320 miliardi di dollari. Quasi il triplo di quelli che verranno destinati nello stesso periodo agli investimenti sulle fonti non rinnovabili.

Alla tendenza che inevitabilmente sta influendo sull’economia del settore petrolifero, si affiancano i giganti del comparto come Shell. La società norvegese ha investito a partire dal 2016 circa due miliardi di dollari atte a favorire la sua riconversione industriale. Lo stesso accade nel settore finanziario sempre più legato a sostenere standard misurati in base alle ricadute sociali ed ecologiche delle sue attività economiche. A sostenere la tendenza è la sinergia della salute delle economie dei maggiori paesi industrializzati e delle sue politiche attive nella regolamentazione del settore industriale e degli incentivi verdi.

Con la ripresa dell’economia globale anche la domanda di energia torna a salire e così i nuovi investimenti per il 2022 possono tornare a riversarsi nell’innovazione del settore. Le politiche attuali spingono le aziende a sostituire i combustibili fossili con energie alternative e ridurre l’impatto ambientale delle loro attività economiche.

Ecco perchè sei ancora in tempo per investire nel campo delle energie rinnovabili

Le energie rinnovabili sono quindi un investimento che prospetta ancora ampi margini di guadagno. Tra i settori in più rapida crescita ci sono quello fotovoltaico e eolico, in quanto traggono energia da elementi presenti in abbondanza nella maggior parte dei territori.

Il fattore che si interseca nella tendenza alimentata dalla crescita economica e dalle politiche delle nazioni industrializzate è lo sviluppo tecnologico. Questo è in grado di rendere le tecniche e gli impianti per produrre energia rinnovabile sempre più affidabili, efficienti ed economici. L’energia solare è un chiaro esempio dei grandi progressi tecnologici che hanno influito sul costo dei pannelli solari calati dal 1977 di oltre il 99%. Lo stesso è avvenuto per i costi e la diffusione dell’eolico, delle batterie elettriche e di altre tecnologie affini come le celle a combustibile.

La tecnologia delle celle a combustibile sta migliorando rapidamente, questo potrebbe consentire la produzione di un idrogeno privo di emissioni inquinanti. Il 95% della produzione attuale di idrogeno è infatti eccezionalmente inquinante, in quanto deriva dal gas naturale e dalla gassificazione del carbone. Per produrre 1kg di idrogeno dal gas si producono dieci kg di CO2 mentre quella proveniente dal carbone ne produce addirittura il doppio. Tuttavia, l’idrogeno può essere prodotto senza CO2 con l’elettrolisi dell’acqua. Se per produrre l’elettricità viene usata dell’energia rinnovabile, l’idrogeno può essenzialmente essere prodotto annullando le emissioni inquinanti.

Ecco come e perché investire nell’idrogeno verde

Nel passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili l’idrogeno gioca un ruolo da perfetto intermediario. L’idrogeno verde sembra essere oggi la soluzione più convincente, ed è questo che giustifica le ottime performance dei titoli di compagnie legate all’idrogeno come Ballard Power Systems, FuelCell Energy e Bloom Energy. Quest’ultima azienda in particolare è uno dei leader del settore che promette di decarbonizzare la sua produzione di idrogeno diventando un interlocutore indispensabile per numerosi settori economici.

Le tecnologie che oggi possono far funzionare i veicoli elettrici non sono infatti ancora disponibili per l’aviazione, la navigazione, i mezzi pesanti, la produzione di acciaio o di fertilizzanti. In tutte queste industrie vitali è quindi l’idrogeno verde la fonte energetica che sembra la soluzione più praticabile.

Questo settore sarà una rampa di lancio per le società energetiche impegnate a gestire e mettere a disposizione centinaia di gigawatt di nuova capacità di energia rinnovabile per fornire elettricità agli elettrolizzatori, che non sono ancora stati scontati sulla domanda di industrie come quella eolica e solare.

A luglio 2021 l’Unione Europea ha annunciato la sua strategia sull’idrogeno, puntando alla produzione di 10 megatonnellate di idrogeno rinnovabile entro il 2030. L’analisi stima che serviranno tra i 24 e i 42 miliardi di euro di investimenti per garantire l’elettrolizzazione dell’idrogeno fino al 2030.

Tre società nel campo dell’energia solare su cui puntare per il 2022

Tra le società che hanno mostrato una buona crescita patrimoniale e interessanti ritorni economici ci sono ReneSola, SunPower ed Enphase Energy.

ReneSola sviluppa soluzioni nel campo dell’energia solare, vendendo l’energia elettrica generata dalle sue centrali. L’azienda offre le sue competenze nella gestione e nella costruzione di sistemi di produzione analoghi con un utile netto più che raddoppiato a partire dal secondo trimestre 2021 anno su anno.

SunPower è una società prodotti, sistemi e servizi nel campo dell’energia solare. L’azienda progetta e produce pannelli solari e ha avuto un incremento dell’utile netto che a giugno 2021 è cresciuto de 34,5% su base annua, con una crescita dei ricavi del 41,9%. Il 2021 ha evidenziato il cambiamento nel modo in cui i consumatori percepiscono la possibilità di una propria indipendenza energetica. Non solo le installazioni solari residenziali negli Stati Uniti sono arrivate a livelli record, ma una percentuale crescente di clienti sta investendo su sistemi di stoccaggio dell’energia e la ricarica dei veicoli elettrici.

Enphase Energy è un’azienda globale di tecnologia energetica che fornisce sistemi in grado di accumulare, stoccare e gestire l’energia tramite un’unica piattaforma. Il confronto è anche in questo caso con il secondo trimestre del 2021 periodo in cui Enphase Energy ha registrato un utile netto di 39,4 milioni di dollari, un miglioramento significativo rispetto alla perdita netta di 47,3 milioni di dollari registrata nel trimestre di un anno fa.

Diversificare il portafoglio nelle energie rinnovabili investendo su fonti alternative al solare

Per diversificare il portafoglio, tra le aziende nel campo delle rinnovabili con un business alternativo vi sono realtà come enewable Energy Group. La società che ha sede negli Stati Uniti produce biocarburanti a partire dal riciclo e dalla lavorazione di rifiuti dannosi come grassi naturali, oli esausti e materiali di scarto analoghi. Tra le società italiane particolarmente interessanti su questo fronte c’è invece Frendy Energy. Azienda che produce energia elettrica da fonti rinnovabili per mezzo di impianti idroelettrici all’avanguardia.

Un altro modo per attenuare il livello di rischio è quello di investire in CFD azionari in società non completamente esposte nel settore delle rinnovabili come ad esempio General Electric. Esiste anche la possibilità di investire sulle rinnovabili senza passare per l’acquisto di azioni o titoli finanziari. In questo senso è molto interessante il crowdfunding che permette di partecipare a un investimento più grande e importante acquistandone una quota.

LEGGI ANCHE>>Conoscere i trend globali per diversificare il portafoglio di investimenti

Investire nelle energie rinnovabili con i servizi di crowdfunding e tramite i Carbon Credits

Ener2Crowd primo servizio italiano di crowdfunding che permette di partecipare collettivamente a un investimento in progetti di riqualificazione a partire da 100 euro. Questo attenua notevolmente i rischi e le spese, permettendo di testare direttamente il settore.

Ancora in ottica di diversificazione e investimento in un settore direttamente correlato alla rivoluzione verde c’è quello degli ETC relativi al prezzo dei Carbon Credits. Questi sono relativi alle licenze che le aziende europee devono acquistare per permettersi di immettere nell’atmosfera un certo quantitativo di Co2.

Il VCM o mercato libero dei Carbon Credits ha una dimensione globale e opera su base volontaria. Imprese, organizzazioni o anche individui, che vogliono neutralizzare o ridurre le emissioni generate dalla propria attività, possono acquistare Carbon Credits sul mercato. Il prezzo dei Carbon Credits ha segnato nel mese di novembre un nuovo record storico sul mercato europeo, superando il valore di 90 euro. Il trend del diritto alle emissioni è passato da circa 20 euro del 2020 ai 50 euro durante l’estate del 2021 arrivando a novembre intorno agli 80 euro.

Ogni certificato corrisponde a un’indennità pagata per le ricadute sociali e ambientali per ciascuna tonnellata di Co2 emessa. I Carbon Credits emessi ogni anno dalla Comunità Europea sono acquistabili attraverso l’Emission Trading System (ETS) e sul mercato secondario OTC.  Il mercato si è evoluto e sono oggi disponibili i primi ETC. Acronimo di Exchange Trade Commodities questi sono il corrispettivo degli ETF dedicati però a una tipologia di asset diversi.

I fattori che giustificano e sostengono l’accelerazione nel trend rialzista dei Carbon Credits

I Carbon Credits sono quindi, di fatto, un potenziale di investimento non correlato alla produzione di energia rinnovabile. Essi sono legati alla penalizzazione delle emissioni inquinanti delle attività produttive. Questa è in grado di offrire sul lungo periodo buone performance fintanto che le attuali politiche sosterranno i piani programmatici di decarbonizzazione dell’economia, che dovrebbero completarsi entro il 2050. Il valore dei Carbon Credits potrà continuare il suo trend rialzista superando stabilmente i 100 euro entro i prossimi anni.

Tra i fattori che giustificano e sostengono oggi l’accelerazione nel trend rialzista dei Carbon Credits ci sono in primo luogo gli obbiettivi minimi di decarbonizzazione fissati dal COP26 per il 2030. Il meccanismo di controllo e regolamentazione assumerà un contesto internazionale con un mercato dei Carbon Credits controllato dalle Nazioni Unite. Sarà l’organizzazione a stabilire i sistemi di scambio dei crediti, finalizzato a raggiungere un taglio del 55% delle emissioni di Co2 rispetto ai valori del 2010 entro i prossimi otto anni.

LEGGI ANCHE>>Come il petrolio può salvare il futuro dell’ambiente

Da cosa dipende il valore dei Carbon Credits

Il valore dei Carbon Credits dipenderà quindi molto più che della domanda dalla tolleranza delle organizzazioni internazionali al protrarsi del rilascio di Co2 da parte delle attività economiche o del contributo indiretto all’inquinamento atmosferico. La Commissione Europea così come altre nazioni coinvolte possono fissare dei prezzi minimi di scambio man mano che la tabella di marcia prosegue verso l’obbiettivo.

Un altro fattore da considerare è la variazione del prezzo delle energie rinnovabili. Questo che può far oscillare in positivo o negativo l’utilizzo di fonti inquinanti, facendo variare contestualmente la domanda e l’uso dei Carbon Credit. Se la transizione energetica risulta oggi irreversibile, nuove tecnologie possono incrementare la diffusione di fonti e sistemi alternativi ai carburanti fossili o aumentare l’efficienza di quelli attualmente disponibili.

In conclusione, il trend di crescita del valore dei Carbon Credit ha dei motivi strutturali e dipenderà da una serie complessa di fattori. L’ultimo di questi da considerare è anche la possibilità che il prezzo crescente dei Carbon Credits possa innescare variazioni importanti nei sistemi produttivi o anche politici, su cui il settore produttivo può influire data la sua importanza nella stabilità economico sociale.

Gestione cookie