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Come il petrolio può salvare il futuro… dell’ambiente

Le tappe concertate a livello internazionale tra Usa, Europa e Cina fino al 2050, assegnano una grande responsabilità al sistema produttivo che deve diventare responsivo e ha già mostrato segni di profondo mutamento.

Già oggi, considerando anche solo un punto di vista meramente economico, viviamo gli effetti del peggioramento delle condizioni meteorologiche, che ha delle ricadute importanti sul settore agricolo. Questo avviene in particolare nella regione mediterranea tra le più colpite a livello globale. Proprio in Italia il cambiamento climatico ha determinato fenomeni sempre più violenti e repentini, siccità, grandinate e gelate influendo naturalmente sull’agricoltura. I danni al settore agricolo nel nostro paese sono stati in media negli ultimi dieci anni di 1,4 miliardi di euro all’anno.

Il settore dei veicoli elettrici, quello degli idrocarburi e naturalmente il settore finanziario e creditizio, sono tra i comparti economici più esposti e vulnerabili alla fase iniziale della rivoluzione verde. Tuttavia il mutamento potrebbe avvantaggiare ancora e a sorpresa l’industria petrolchimica, in grado di spostare interessi e capitali nuovamente dalla sua parte. Dopo le perdite avvenute nell’ultimo anno e il mutamento generale del sentiment sulle quotazioni del settore, può riuscire a invertire la tendenza per mezzo di una tecnologia utile, non tanto a ridurre le emissioni di Co2, ma recuperare quelle già emesse nell’atmosfera.

Come le multinazionali del petrolio possono salvare l’ambiente dalle emissioni di Co2

Gli unici che hanno la tecnologia, le conoscenze e le capacità ingegneristiche per costruire un’infrastruttura utile a catturare decine di miliardi di tonnellate di CO2 l’anno, tanto servirebbe per far tornare la temperatura su livelli accettabili, sono le grandi multinazionali dell’industria pesante e della petrolchimica. Queste infatti sono in grado di avere modo e mezzi di stoccare le migliaia di tonnellate di Co2 catturate, all’interno di quelli che sono i giacimenti ormai estinti o non più remunerativi di petrolio.

Per ragioni tecniche, questa sembra l’unica opzione in grado di incidere davvero sugli effetti del surriscaldamento globale che può essere contrastato non tanto mutando i modelli di business, applicando alle logiche produttive nuovi standard ecologici, quando agendo in maniera diretta sui gas responsabili dell’effetto serra.

La cattura della Co2 potrebbe essere il futuro in cui verranno canalizzate le maggiori risorse economiche che stanno oggi venendo investite in misure relativamente meno efficaci e con un ottica atta a prevenire il problema, senza considerare che in natura vi sono emissioni che diventano sempre più corpose e potenzialmente incontrollabili, come gli incendi e lo scioglimento del permafrost.

L’ultimo rapporto del Intergovernmental Panel on Climate Change, parla chiaro rispetto alla nostra incapacità di contenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi, stabilito come limite massimo per non incorrere in seri danni e mutamenti sociali sulla scia di violenti e profondi mutamenti climatici. L’organizzazione internazionale a cui aderiscono 195 Nazioni nel mondo, a cui sono affidati i compiti di controllo del cambiamento climatico, nonché lo sviluppo di soluzioni atte a contrastarlo, potrebbe aiutare l’economia a spostare l’attenzione sulle possibilità insite nel poter catturare il carbonio anche al fine di riutilizzarlo con prospettive oggi inimmaginabili. Questo è possibile con la concertazione di politiche internazionali, già oggi attivate in relazione al processo di decarbonizzazione delle maggiori economie mondiali, tali da abbattere i costi di questa tecnologia oggi già funzionante.

Si tratta di reindirizzare gli investimenti e predisporre il terreno legislativo al fine di supportare il settore in maniera analoga a quello che capita oggi con il settore automobilistico o quello petrolifero. Da una prospettiva di rischio rendimento la cattura della Co2 potrebbe rivelarsi lo strumento definitivo ad aggirare tutti quei correttivi e ostacoli di natura infrastrutturale, a cui il processo di contrasto al mutamento climatico è ancora particolarmente vincolato.

Per avere un esempio già oggi, con un impianto pilota, catturare una tonnellata di CO2 dall’atmosfera costa meno che abbatterla con la mobilità elettrica. La Co2 catturata può essere riciclata in forma di carbonio per la realizzazione di combustibili sintetici, fibre, polimeri e addirittura concime.

LEGGI ANCHE>>Come raggiungere la neutralità energetica? Grazie al nucleare

Quali sono le aziende nel settore che potrebbero implementare nei prossimi anni la cattura della Co2?

Nonostante a giugno il prezzo del future sul brent sia salito del 37% e sia arrivato a massimi vicini ai 75 dollari al barile, questo trend è oggi in contraddizione con la crescita del settore delle energie rinnovabili, che nel complesso dovrebbero costituire entro i prossimi 20 anni il 36% delle fonti energetiche a livello globale. Un incremento del 157% rispetto ai livelli della domanda di energie provenienti da fonti rinnovabili del 2019.

La realtà del futuro energetico a livello globale non può conciliarsi con un approccio che escluda un lento passaggio che ci porterà alla totale indipendenza dai carburanti fossili. Per questo motivo le aziende nel settore degli idrocarburi saranno necessariamente sostenute da nuova liquidità, che darà loro il tempo di avviare quelle che al momento sono le nuove prospettive atte a integrare il settore energetico di loro competenza, con nuovi modelli di business.

Royal Dutch Shell

Tra le aziende in grado di sfruttare al meglio gli investimenti nel settore ricerca e sviluppo con ottime capacità di diversificare rispetto al settore petrolifero c’è Shell. Sebbene oggi le sue quotazioni abbiano perso molto del valore precedente alla crisi produttiva ed economica, Shell attraverso la sua divisione Renewables and Energy Solutions, sta investendo nell’eolico e nel solare. Ha inoltre acquisendo una fetta di mercato nel settore delle stazioni di ricarica per veicoli elettrici, nonché nel settore dell’idrogeno come fonte di energia pulita.

BP

È un azienda multinazionale con sede nel Regno Unito, impegnata nel settore energetico globale con un giro di affari che si estende dall’Europa, alle Americhe, fino all’Australia, Asia e Africa. L’azienda è fornitrice di carburante per il settore dei trasporti nonché per le centrali elettriche che forniscono gas e luce. Realizza anche prodotti per l’industria petrolchimica che sono impiegati per la produzione di vernici, vestiti e imballaggi.

Questa azienda continua a operare nel settore con la consapevolezza e l’esigenza di ridurre a zero l’impatto ambientale delle sue attività entro il 2050. Le quotazioni di questa azienda hanno recuperato il 30% nel 2021, con un guadagno che nella sessione di lunedì è stato del 3,1%.

Andrea Carta

Ha studiato Analisi Tecnica dei mercati finanziari e ha svolto la professione di trader indipendente fino al 2019. Appassionato di letteratura e scrittura creativa, concilia le sue conoscenze ed esperienze scrivendo articoli in tema finanziario, socio economico e politico

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