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Economia e Finanza

Gli effetti dell’intervento statale nell’economia avranno conseguenze politiche imprevedibili

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Lo Stato Europeo che fino a prima dell’emergenza sanitaria aveva connotati vaghi e agiva in modo indiretto e sporadico, sopratutto almeno dal punto di vista politico, irrompe ora relegando l’austerità al passato con massicci sostegni economici e politici, indirizzando i percorsi normativi e le caratteristiche economiche che i singoli paesi dovranno sviluppare per poter continuare a ricevere il sostegno economico e rimanere all’interno dell’Unione, percepita ora più che mai un porto sicuro entro il quale proteggersi dai mutamenti socioeconomici. Lo stato è intervenuto per gestire la diffusione dei contagi con sistemi a tutti noi noti.

È risultato evidente per tutti i paesi, dagli Stati Uniti a quelli dell’eurozona, come il suo intervento nell’economia sia risultato indispensabile per compensare l’assenza di garanzie a sostegno del decorso economico, rallentato dalle paure per i contagi e dai limiti imposti a causa dei limiti nella capienza delle strutture sanitarie a garanzia della salute pubblica.

Siamo vicini alla fine del neoliberismo e della globalizzazione?

Lo Stato è intervenuto una seconda volta con politiche fiscali e monetarie espansive per compensare l’assenza di domanda protrattasi durante la pandemia e la gestione della crisi. Se questa tendenza dovesse proseguire come sembra, date le incertezze sui futuri sviluppi socioeconomici e climatici, il progetto neoliberista vedrebbe un suo drastico ridimensionamento decretando la fine della globalizzazione.

Due decenni fa il movimento no-global espresse critiche radicali al sistema economico e finanziario globale, individuandone le criticità e i punti deboli annunciando le crisi che si svilupparono proprio a partire dal 2001. Quelle critiche risultano oggi ancora piuttosto attuali, ma hanno finito per costituire la descrizione di un evoluzione che sembra essersi interrotta difronte alla consapevolezza degli svantaggi di una competizione globale, che sembra venire sostituita da una governance globale all’insegna della cooperazione fiscale ed ecologica.

Non solo il neoliberismo ma anche la globalizzazione del commercio sembra vivere un momento di crisi, con la Cina che si appresta a terminare il suo ruolo di fabbrica del mondo focalizzandosi sulla tenuta e il rafforzamento del suo sistema economico, nel tentativo di mantenere le caratteristiche comuniste all’interno di un’economia di mercato e favorendo così la crescita della sua classe media.

Le tutele all’ambiente, al lavoro e ai salari, sembrano ora paradossalmente diventare l’impegno inderogabile delle istituzioni politiche e finanziarie, sottraendo l’autodeterminazione scaturita dai movimenti dal basso, al fine di attuare l’unica via che appare possibile, quella della concertazione internazionale. Attraverso questa il neoliberismo, mantenuto in una stasi artificiale, attende di poter venire rimesso all’interno di una società mutata e radicalmente dipendente da uno Stato centrale, facendo i conti con l’aspetto politico militare del nuovo modello civile.

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Le conseguenze degli aiuti economici sui modelli istituzionali

I politici nazionali sembrano incapaci di ammettere la sconfitta che le circostanze economiche e sociali hanno causato sull’autodeterminazione degli Stati europei. Anche gli Stati Uniti hanno in questi anni mostrato la debolezza delle loro istituzioni quando lasciate in mano a politiche atte a sostenere i modelli del liberismo e dell’intervento minimo dello Stato. Ultimamente Democratici e Repubblicani sono giunti a un’intesa sul primo pacchetto di aiuti alle infrastrutture, con un impatto delle misure volute dall’amministrazione Biden di portata storica.

Il piano infrastrutture da 1,2 trilioni di dollari, approvato dai due partiti al Congresso, grazie alla gestione politica di Biden sembra volere mettere in evidenza le differenze tra due modelli, evidenziando non solo i risvolti positivi sulla gestione sociale e la salute pubblica ma anche quelli economici. Lo Statalismo emerge anche nei simboli definiti da alcuni progetti, come la costruzione del primo treno ad alta velocità degli Usa, di cui gli Stati Uniti non avevano avuto fin’ora bisogno.

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Il pacchetto permetterà infatti di creare nel settore dell’ingegneria e design 82.000 posti di lavoro, che corrispondono a 62 miliardi di dollari aggiuntivi in salari, con un ulteriore contributo da parte delle aziende di progettazione pari a 75 miliardi di dollari, con un aumento del giro d’affari delle imprese del settore di 126 miliardi di dollari in sei anni.

La cartina tornasole del nuovo clima politico è l’euforia generalizzata che coinvolge anche il mercato finanziario USA, rappresentato dalle quotazioni dello S&P 500 che il 24 giugno quando è stato annunciato l’accordo è cresciuto del 1%, con i titoli delle aziende di ingegneria hanno sovraperformato il mercato realizzando un incremento intorno al 5%

Andrea Carta

Ha studiato Analisi Tecnica dei mercati finanziari e ha svolto la professione di trader indipendente fino al 2019. Appassionato di letteratura e scrittura creativa, concilia le sue conoscenze ed esperienze scrivendo articoli in tema finanziario, socio economico e politico

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