Si rischia grosso davanti la regola dei 30 giorni sul domicilio fiscale: la notifica dell’atto tributario è la chiave per capire.
Sul domicilio fiscale si pronuncia la Cassazione: vale la regola dei 30 giorni. Legittimo è l’avviso inviato al vecchio recapito del soggetto, nel caso in cui questi non abbia fatto il cambio di residenza fiscale, specificatamente nel rispetto della regola. Le modifiche producono effetti nelle notificazioni dal 30esimo giorno dopo la variazione. Cosa rischia il cittadino inadempiente.
Per comprendere la decisione e i suoi effetti, bisogna trattare un caso concreto. Protagonista un cittadino trasferitosi all’Estero, e per cui si ritiene valida la notifica dell’atto tributario eseguita nel suo “ultimo” domicilio fiscale, se dalla data di emigrazione a quella di notifica, non sono passati 30 giorni.
A dire ciò è l’ordinanza della Cassazione n. 55 76 del 3 marzo 2025, ribadendo che la disciplina prevede l’onere di indicare il proprio domicilio fiscale all’ufficio finanziario, tenendolo sempre aggiornato davanti possibili cambiamenti. Se non c’è la notifica, si considera l’ultimo domicilio fiscale noto, anche davanti la forma semplificata del “rito degli irreperibili”.
Per l’amministrazione, se il soggetto non aggiorna, non è colpa sua. Così, il contribuente impugnava ciò con ricorso, proponendo in sede d’appello doglianze in ordine alla notifica dell’avviso, affermando che la notifica non era avvenuta, o era da considerarsi nulla.
Per il cittadino la notifica dell’atto impositivo era viziata essendosi lui trasferito all’Estero dal 23 settembre 2012, come da certificazione rilasciata delle autorità del Paese che l’hanno accolto.
Ma la commissione tributaria della Campania rigetta ciò. Afferma l’avviso era stato regolarmente notificato il 3 aprile 2013, e che la notifica era stata posta in essere nel domicilio fiscale di Napoli dato che la sua variazione, era avvenuta solo il 28 marzo 2013. Cosa si evince?
Che non era ancora passato il termine dell’art. 60 del DPR n. 600 del ’73: ossia la regola dei 30 giorni. Il soggetto censurava la sentenza perché trattava solo un aspetto delle questioni sottoposte, e non valutandone il profilo globale. Ribadisce le sue posizioni rifacendosi al rito degli irreperibili.
Come si è conclusa la vicenda?
A risolvere c’è la pronuncia della Cassazione in merito al domicilio fiscale. La regola dei 30 giorni vale in questo caso, e lo spiega con le seguenti dichiarazioni.
Per la Suprema corte, dati i tempi intercorsi, la notifica del 3 aprile 2013 era da considerarsi valida. Perché la disciplina delle notificazioni degli atti tributari è basata sul criterio del domicilio fiscale insieme all’onere preventivo del contribuente di indicare il proprio Ufficio tributario.
In merito alla violazione sulle norme del procedimento di notifica avanzate dal contribuente, la Corte ha affermato che l’uso del rito degli irreperibili non era a favore di quest’ultimo. Perché era corretta la conclusione del giudice tributario regionale. Confermato che il nuovo domicilio non era opponibile all’ufficio, visto che non erano passati 30 giorni, la notificazione al precedente domicilio, era da ritenersi valida.
In conclusione, il ricorrente è stato condannato a corrispondere all’ADE le spese del giudizio di legittimità in 10 mila euro a titolo di compenso, oltre le altre prenotate a debito.
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