Divorzio e assegno divorzio: anche hi non ha il mese può iniziare un giudizio di revisione delle condizioni: dettali al riguardo
Sono tanti gli aspetti e le curiosità di interesse in merito al divorzio, e potrebbe capitare che il coniuge, dopo aver divorziato, subisca un peggioramento della propria situazione economica, rivolgendosi poi all’ex per una richiesta di aiuto sotto forma di assegno divorzile. Anche nel caso in cui in precedenza non ne abbia fatto richiesta né era titolare del beneficio. Ad approfondire tale aspetto è Il Sole 24 Ore. Ecco di cosa si tratta.
Come spiega il Sole 24 ore, ai fini della sopracitata richiesta, serve instaurare un giudizio di revisione delle condizioni di divorzio, che ha precise regole, specificate di recente dalla giurisprudenza, si legge. Ad occuparsi della disciplina circa il giudizio di revisione delle condizioni di divorzio, è l’articolo 9 legge 898 del 19870.
Mediante l’ordinanza 5055 del 24 febbraio 2021, la Cassazione ha ricordato che il giudice, per poter valore se accogliere o meno la domanda di modifica e determinare dunque il contributo in oggetto, deve tener conto dei tempi in cui siano subentrate le difficoltà economiche, andando ad esclude le domande fondate su condizioni preesistenti alla pronuncia di divorzio.
Ancora, bisogna rifarsi ai medesimi principi dettati per il riconoscimento dell’assegno; nel dettaglio, ad essere valutato deve essere l’effettivo contributo dato dal coniuge che fa richiesta dell’assegno al patrimonio familiare oppure a quello dell’altro coniuge nel corso della vita coniugale.
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È nella relativa funzione assistenziale che trova la propria giustificazione il riconoscimento circa l’assegno di divorzio in un momento successo quello dello scioglimento del matrimonio.
Può essere data una rilevanza prevalente, nel caso di specifiche condizioni, “in base al principio solidaristico di derivazione costituzionale che fonda il diritto all’assegno divorzio anche secondo il nuovo orientamento interpretativo“, che va a valorizzare “la funzione sociale che l’assegno divorzile assolve, nei casi in cui esso sia destinato a supplire alle carenze di strumenti diversi che garantiscano all’ex coniuge debole un’esistenza dignitosa, nell’ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente“, si legge su Il Sole 24 Ore.
Dunque poi, per quanto attiene il giudizio di revisione, si legge ancora che in questo va ad imporsi il “rigoroso accertamento”, in merito ai presupposti fondanti, con carattere di prevalenza, la finalità assistenziale, “dovendo, tuttavia, (…) parametrarsi la disparità economica a un’effettiva e concreta non autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente, non più in grado di provvedere al proprio mantenimento, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto da valutare con indici significativi, in modo da poter, altresì, escludere che sia stato irreversibilmente reciso ogni collegamento con la pregressa storia coniugale e familiare”.
Su quali aspetti, nel dettaglio e concretamente, può fondarsi il diritto al riconoscendo dell’assegno? Il Sole 24 Ore spiega che la Cassazione, attraverso l’ordinanza 1983 del 24 gennaio 2022, ha sottolineato che è il cambiamento sopraggiunto delle condizioni patrimoniali delle parti, che riguarda condizioni di fatto, che rappresenta “il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice”, affinché si possa dar seguito al giudizio di revisione dell’assegno, “da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali”.
Quindi, si legge, tra i “giustificati motivi” non si può ricomprendere la sopravvenienza di “una diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale“, visto che, circa la giurisprudenza, la sua funzione è “ricognitiva dell’esistenza e del contenuto della ‘regula iuris’.
Ilsole24ore.com spiega che la Cassazione ha proceduto a bocciare la pronuncia della Corte d’Appello, la quale aveva posto la cessione all’obbligo delle marito a proposito del pagamento dell’assegno divorzile alla ex moglie, la quale, si legge, conviveva stabilmente con un altro compagno, sulla base di una nuova interpretazione delle norme. Si legge ancora che in merito alla convivenza, questa esisteva già ai tempi del divorzio e non era quindi qualcosa di nuovo.
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Il Sole 24 Ore fa cenno anche all’ordinanza 1984 del 24 gennaio 2022 della Cassazione, mediante cui viene ricordata l’autonomia del giudizio di revisione per quanto concerne i criteri che vanno analizzati dal giudice ai fini della valutazione della fondatezza della domanda.
Viene menzionata dunque la pronuncia, e si legge che in sede di revisione, il giudice non può dar seguito ad una nuova ed autonoma valutazione in merito ai presupposti o alla entità dell’assegno, “sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti, ma nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento”.
Si legge ancora che egli deve limitarsi alla verifica inerente a se e in quale misura, le circostanze sopraggiunte abbiano finito per alterare l’equilibrio raggiunto, e ad adeguare l’importo o il medesimo obbligo circa la contribuzione alla nuova situazione patrimoniale. Viene spiegato che tanto la modifica dell’importo quanto la completa abrogazione sono comprese in tale opera ermeneutica.
Ad ogni modo è opportuno ed importante approfondire quanto si evince dalle ordinanze menzionate della Cassazione, 5055 del 24 febbraio 2021, 1983 del 24 gennaio 2022, e 1984 del 24 gennaio 2022, nonché altri temi, spunti e fonti che possono chiarire degli al riguardo. È importante sottolineare che la vicenda va approfondita rivolgendosi e confrontandosi con esperti del campo e professioni del settore.
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