Nuovo provvedimento della Cassazione in tema di licenziamento illegittimo. In ipotesi di annullamento del collocamento a riposo di un lavoratore, l’azienda – oltre al risarcimento danni al dipendente – deve rimborsare all’ente previdenziale i ratei pensionistici, dallo stesso erogati per il periodo di riferimento.
Il licenziamento del lavoratore non è sempre legittimo ed anzi deve seguire specifiche regole ed applicarsi solo a situazioni in cui non vi siano le condizioni per poter proseguire il rapporto di lavoro con un certo dipendente.
Ebbene, in tema di recesso illegittimo da parte del datore di lavoro, la Corte di Cassazione è recentemente intervenuta con una pronuncia che aiuta a fare chiarezza su un tema certamente non facile.
Il principio affermato dalla Suprema Corte è sostanzialmente il seguente: il datore di lavoro condannato al risarcimento danni per aver posto illegittimamente in collocamento a riposo un suo lavoratore subordinato – poi andato in pensione – deve rispettare l’obbligo di restituire all’ente di previdenza i ratei pensionistici versati da quest’ultimo. C’è infatti in gioco quello che in gergo è chiamato indebito arricchimento.
Vediamo allora più da vicino questo interessante e particolare caso di licenziamento illegittimo, che ha a che fare con la complessa sfera previdenziale.
Licenziamento illegittimo: il ragionamento seguito dalla Corte di Cassazione non lascia dubbi
Il provvedimento di riferimento è rappresentato dall’ordinanza Corte di Cassazione n. 21879 del 2022 che, peraltro, si rifà ad un orientamento giurisprudenziale consolidato. Esso afferma che la somma decurtata dal risarcimento danni da versare al lavoratore è di fatto ciò che serve a far fronte all”indebito arricchimento’ del datore di lavoro. A quest’ultimo occorre infatti porre rimedio.
In questo caso di licenziamento illegittimo, le conseguenze economiche per il datore di lavoro non sono dunque di poco conto:
- scatta il risarcimento danni verso il dipendente illegittimamente messo a riposo;
- ma anche l’obbligo di rimborso all’ente previdenziale dei ratei pensionistici corrisposti, ovvero le somme versate dallo stesso ente tra la data della messa in collocamento a riposo e il raggiungimento dell’età pensionabile.
Perciò – secondo la Cassazione – dal risarcimento del danno spettante al lavoratore debbono essere scalati i ratei pensionistici ricevuti, vale a dire l’indebito arricchimento da restituire all’ente – in quanto è stato proprio quest’ultimo ad averli versati.
I ratei pensionistici assegnati al dipendente a riposo sono senza presupposto legale
Più nel dettaglio, la Cassazione ha questo orientamento perché ha considerato che il risarcimento del danno è da quantificarsi in misura corrispondente alla differenza tra la retribuzione dovuta e non versata tra la messa in collocamento e il raggiungimento dell’età pensionabile del lavoratore e il trattamento pensionistico di fatto incassato.
Inoltre in riferimento a questo licenziamento illegittimo, tecnicamente i ratei pensionistici versati al dipendente messo a riposo sono da ritenersi ‘sine titulo‘, ovvero senza un vero e proprio fondamento giustificativo. Ciò perché manca il presupposto giuridico del loro versamento, ovvero il collocamento a riposo. Lo ha stabilito infatti l’ordinanza della Corte.
Dopo essere stati sottratti dalla somma del risarcimento devono, dunque, essere rimborsati dal datore di lavoro all’Inps che li ha erogati per il periodo di riferimento.
L’indebito arricchimento del datore di lavoro va sanato da quest’ultimo
Il caso pratico di licenziamento illegittimo che ha portato alla pronuncia della Corte di Cassazione ha visto accertare in appello l’illegittimità del collocamento a riposo di un dipendente. In secondo grado la condanna del datore di lavoro a versare al dipendente ormai pensionato, a titolo di risarcimento del danno, una somma proporzionata alla retribuzione dovuta dal giorno dell’effettivo collocamento a riposo e fino a quello del raggiungimento del 65esimo anno di età, oltre al pagamento dei contributi. Ciò altresì con taglio degli importi incassati nell’identico periodo per i ratei di pensione.
Nelle fasi precedenti dell’iter giudiziario l’ente previdenziale ha indirizzato le proprie pretese di rimborso verso il lavoratore, invece che verso il datore che si era arricchito indebitamente. Si tratta di quanto ricordato dalla Cassazione, che ha infatti stabilito che l’Inps avrebbe dovuto rivolgersi all’azienda e non al lavoratore – per il recupero dei ratei pensionistici corrisposti. Proprio l’azienda è responsabile in quanto non ha aveva ripristinato il rapporto di lavoro e non aveva versato alcuna retribuzione (licenziamento illegittimo), ma al contempo si era giovata della situazione.
La Suprema Corte ha dunque chiarito che l’ente previdenziale dovrà se mai agire per indebito arricchimento nei confronti del datore di lavoro, onde conseguire le somme richieste.
Concludendo e sintetizzando, ribadiamo che il datore di lavoro ha conseguito un ‘indebito arricchimento’ per quanto attiene alla parte che non ha dovuto versare a titolo di risarcimento (ovvero i ratei pensionistici). Ecco perché è obbligato a restituire all’Inps le somme versate al lavoratore a titolo di trattamento pensionistico. La restituzione trova infatti fondamento nel licenziamento illegittimo del dipendente e nell’annullamento del collocamento a riposo.