I mercati finanziari, con il loro immenso potenziale di ricchezza e miliardi di dollari scambiati ogni giorno, sono in grado di attirare ogni tipo di investitore.
Dal trader più capitalizzato a quello che vuole investire i suoi pochi risparmi per capire quanto è in grado di ottenere dal mercato, guadagnando anche su pochi pip ogni giorno. Ognuno di questi trader è accomunato dalla conoscenza delle regole di base del gioco e ripone la sua fiducia nella loro continuità nel tempo.
Non bisogna dimenticare tuttavia, che ogni regola stabilita è sempre relativa alle necessità e alla sensibilità di un periodo storico, esse quindi possono cambiare anche in modo violento e traumatico, cogliendo di sorpresa i giocatori.
Le storie di traders che hanno avuto successo nei mercati finanziari sono molto pubblicizzate, esse sono in grado di ispirare e nutrire l’entusiasmo di coloro che vogliono cambiare il proprio stile di vita, o riuscire a guadagnare a sufficienza per poter dedicare il loro tempo libero a ciò che amano fare. La maggior parte degli investitori e dei traders, soprattutto nei mercati non regolamentati come il Forex, perdono il loro capitale, alcune volte le perdite sono tanto gravi o ripetute nel tempo che non c’è più la possibilità di riscattarsi e diventare magari, parte di quella narrativa dove si raccontano storie avvincenti. Essi infatti vengono dimenticati e con essi viene persa l’esperienza e gli insegnamenti che queste vicende possono dirci.
Quello che vi stiamo per raccontare è la storia dei trader che nel 2015 che hanno perso ogni cosa, anche più di quanto avessero mai potuto immaginare.
Le nuove regole della Banca Centrale Svizzera
Nel 2011 il governatore della SNB Swiss National Bank, la banca centrale svizzera, annunciò che l’istituto di credito aveva deciso unilateralmente di fissare un prezzo minimo per il cross tra euro e franco, con il cambio a 1,20 franchi per ogni euro. Questo significava porre un limite al livello di prezzo minimo a cui questo sarebbe potuto arrivare sul Forex.
Le cause di questa decisione, furono frutto degli squilibri che la crisi del il sistema finanziario americano, iniziata nel 2008 e che stava ancora attraversando in quel periodo l’Europa, portavano sui mercati, con il franco e le banche svizzere percepite come unico bene rifugio, nel quale riversare la liquidità a protezione del proprio capitale.
La nuova regola introdotta ruppe le consuetudini, lasciando il posto a una nuova certezza, che a sua volta fu la causa dell’errore di centinaia di tradere, che videro le loro sicurezze in pochi minuti lasciare il posto all’assurdo.
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Quando il governatore della SNB Philipp Hildebrand annunciò nel 2011 il prezzo limite di 1,20 per di cambio per EUR/CHF cercava di proteggere le esportazioni svizzere divenute sempre meno economiche, con la super valutazione della moneta, l’unica in Occidente reputatile sicura, che veniva per questo convertita tra dollari ed euro da migliaia di investitori e rischiava così di soffocare l’economia elvetica.
Le autorità economiche del paese erano quindi corse ai ripari, ponendo un tetto massimo al suo cambio, in modo che il prezzo della valuta non potesse continuare a salire. Ben presto però per i trader la sicurezza dell’inviolabilità di quel limite si trasformò in un occasione di profitti quasi garantiti, causando quella che quattro anni dopo fu per molti di loro una delle giornate più incredibili e per molti drammatiche sul mercato dei cambi.
La tecnica di speculazione sul EUR/CHF
La tecnica di trading altamente speculativa utilizzata sul franco svizzero, permise ai trader, fino al 2015, di piazzare un ordine Buy quando il prezzo del EUR/CHF si avvicinava a 1,20 comprando quindi su un supporto di prezzo garantito, per vedere inevitabilmente le quotazioni risalire, anche di poche decine di pip, che con l’utilizzo della leva finanziaria potevano essere trasformate in decine o centinaia di euro.
L’immediatezza dell’operazione e la partecipazione dei tantissimi operatori a questo modo così semplice di guadagnare con il trading, sommato a quello che avveniva nell’economia reale, metteva forti pressioni sulla tenuta del cambio, che veniva sistematicamente pareggiato dagli ordini di acquisto di euro da parte della banca centrale svizzera.
Flash Crash – cio che accadde il 15 Gennaio 2015
Ogni giorno la SNB doveva compensare l’enorme liquidità che il mercato immetteva in acquisto sul franco svizzero, finché il 15 gennaio 2015 a mercati aperti, la banca centrale annunciò a sorpresa che non avrebbe più sostenuto il tetto minimo di prezzo sul cambio. Uno dei motivi di questa decisione, era rappresentato dalla possibilità che il prezzo dell’euro potesse presto subire ulteriori deprezzamenti a causa dell’avvio del quantitative easing da parte della BCE, che la banca centrale svizzera non sarebbe più potuta riuscire a compensare.
Questo significava che da quel momento in poi il valore era libero di fluttuare, i trader presenti a mercato come ogni giorno, con la loro massa di ordini in acquisto sul cross valutario, videro probabilmente scomparire per un istante dal loro monitor il prezzo del EUR/CHF, le quotazioni erano infatti crollate in pochi secondi di circa il 30%. Questo significa che il cambio passò da 1,20 a 0,80 con una differenza di circa 4000 pip, considerato che gli stop loss erano piazzati prendendo in considerazione una volatilità mai superiore alle poche decine di pip, ciò significava per i trader retail perdite incalcolabili, centinaia di volte il rischio massimo stabilito dagli stop loss, ordini di vendita in protezione del capitale, che per moltissimi di loro non furono mai eseguiti.
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La variazione di prezzo fu così grave che coinvolse non solo le altre valute in coppia con il franco svizzero, ma a sua volta anche la Borsa di Zurigo perse circa il 10%. Nel frattempo i grandi broker retail non potevano più stabilire quanto valesse ancora EUR/CHF, in quanto le banche fornitrici di liquidità, che fissavano i prezzi per gli asset quotati nel mercati non regolamentati come il Forex, davano prezzi con spread anche di dieci o quindici centesimi, troppo grandi per poter definire un prezzo.
I sistemi che stabilivano l’esecuzione degli ordini e i margin call, di broker come Alpari e FXCM tra i più grandi broker retail al mondo, smisero di funzionare, con i più fortunati che trovarono i loro conti azzerati mentre altri che si trovarono in debito di decine di migliaia di euro. Le perdite furono talmente diffuse che dovettero essere in parte compensate dai broker. Alpari infatti dovette dichiarare bancarotta, mentre a FXCM fu concesso un prestito da una società finanziaria tale da sostenere le perdite, pari almeno a 225 milioni di dollari. FXCM fu in seguito acquisita dalla stessa società finanziaria.