La soluzione per combattere l’inflazione è esattamente contraria alle variabili che possono sostenere la crescita economica. È sempre stato così, ma oggi l’inflazione non dipende da un’espansione economica.
La potenziale crisi viene subodorata e ammessa da numerosi analisti. Chi è più cauto come la BCe fa emergere la possibilità di interrompere o variare la politica restrittiva in base ai futuri scenari di mercato.
Si tratta di un’ammissione dell’incapacità, naturale, di prevedere le variabili provenienti dal decorso della crisi Ucraina. È così che con le politiche monetarie delle Banche centrali diventano più restrittive, aumentando l’incertezza sulla continuazione della crescita economica.
È per questo che molti analisti iniziano a parlare di recessione come prossimo scenario. Tra gli esponenti più autorevoli gli istituti di credito come Citigroup e Goldman Sachs, preoccupanti anche per il futuro dell’Ue. Il presidente della Fed, Jerome Powell, durante un’audizione al Congresso, ha parlato delle misure intraprese dalla Banca centrale definendoli appropriati ma che il ritmo futuro “continuerà a dipendere dai dati in arrivo e dall’evoluzione della situazione”.
È evidente che le Banche Centrali cominciano con poco tempismo; hanno dovuto attendere per evitare di interrompere troppo bruscamente gli interventi a sostegno della crescita. Per questo l’economia europea si trova difronte a una tempesta; la crescita economica si sta mostrando abbastanza resiliente, giovedì 14 avremo conferma del quadro economico per questa estate dai ministri dell’eurozona.
L’esecutivo di Bruxelles aveva già abbassato a maggio la sua stima di crescita del Pil quest’anno al 2,7% sia per l’area dell’euro che per l’Ue, mentre ha alzato la sua stima di inflazione rispettivamente al 6,1% e al 6,8%.
La maggior parte dei ministri si aspetta che le carenze di fornitura energetica tenderanno ad aggravarsi. In questo scenario le risorse verranno destinate soltanto a proteggere i più vulnerabili, togliendo i sostegni fiscali per sostenere la domanda generale. I Paesi devono differenziare le loro politiche fiscali in base al livello di indebitamento e concentrarsi su interventi specifici e temporanei.
Sul piano macroeconomico l’aumento dei prezzi delle commodity agricole, industriali e soprattutto energetiche ha inciso sulla ripresa ma ha aumentato anche il costo di beni e servizi, influendo sull’inflazione. Le ragioni di questi aumenti sono diverse e dovute inizialmente a un picco di domanda successivo alla fine dei lockdown. L’effetto della liquidità nel sistema si è sommata alla riduzione degli approvvigionamenti dovuti alla guerra commerciale con la Russia.
L’energia e le materie prime più care peggiorano drasticamente l’inflazione dovuta al naturale aumento dei consumi, che si sarebbe riassorbita in modo più prevedibile. L’aumento del costo del denaro contrae la domanda e i consumi, già provati dalle recenti crisi. Mettendo tutto ciò insieme si profila per questo un rallentamento dell’economia; la fine dell’estate e l’autunno sarà sicuramente un banco di prova molto importante per tutte le principali economie.
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