L’investimento è costituito da un insieme di quattro componenti fondamentali che gli investitori utilizzano per analizzare il valore di un’azione prima di prenderla in considerazione per il loro portfolio.
Lo scopo di questo articolo è quello di esaminare quattro misure finanziarie frequentemente utilizzate, ovvero il rapporto prezzo/valore contabile (P/B), il rapporto prezzo/utile (P/E), il rapporto prezzo/crescita dell’utile (PEG) e il rendimento da dividendi, e di discutere le informazioni che questi rapporti possono fornire su una società.
L’uso dei rapporti finanziari è uno strumento utile che può aiutare a riassumere i dati finanziari e a determinare la salute complessiva di un’organizzazione o di un’azienda. Gli analisti e gli investitori possono utilizzare i bilanci per generare indicatori finanziari che mostrano la salute o il valore di un’azienda e delle sue azioni.
Questi indicatori possono essere utilizzati per valutare le prestazioni dell’azienda. Il rapporto prezzo/utile, il rapporto prezzo/valore contabile, il rapporto prezzo/utile e il rendimento da dividendi sono quattro indicatori spesso utilizzati per analizzare il valore e le prospettive di un’azienda. Per ottenere una visione più completa, è necessario combinare queste e altre misure finanziarie. Ogni singolo indice, infatti, è troppo limitato per essere considerato da solo.
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Cosa sono le azioni: guida al trading nello stock market
L’analisi fondamentale (FA) è un metodo che determina il valore intrinseco di un’attività analizzando gli elementi economici e finanziari ad essa associati. Il valore intrinseco si riferisce al valore di un investimento determinato dalle attuali condizioni economiche e di mercato, nonché dallo stato finanziario dell’azienda che ha emesso l’investimento.
Gli analisti specializzati nell’analisi fondamentale esaminano tutto ciò che può potenzialmente influenzare il valore di un titolo. Questo include elementi macroeconomici come lo stato attuale dell’economia e le circostanze del settore, nonché aspetti microeconomici come l’efficienza del management dell’azienda.
L’obiettivo finale è quello di ottenere una cifra che possa essere confrontata con il prezzo attuale di un titolo da parte di un investitore per valutare se l’attività è sottovalutata o sopravvalutata da altri investitori.
Chi è specializzato nell’analisi fondamentale cerca i titoli che attualmente sono scambiati a prezzi superiori o inferiori al loro valore.
Se il valore equo di mercato è superiore all’attuale prezzo di mercato, si raccomanda di acquistare il titolo. Ciò indica che il titolo è considerato sottovalutato.
Un’azione è considerata sopravvalutata se il suo valore equo di mercato è inferiore al prezzo di mercato attuale. Se il titolo è di proprietà, il suggerimento può essere quello di astenersi dall’acquisto del titolo o di venderlo sul mercato.
Gli analisti tecnici, invece, preferiscono analizzare i precedenti movimenti di prezzo dell’azienda per prevedere gli sviluppi futuri a breve termine.
Identificare gli asset che non sono valutati in modo appropriato dal mercato è l’obiettivo principale della ricerca fondamentale, che spesso viene condotta da un punto di vista macro e micro. In generale, gli analisti fondamentale studiano le caratteristiche di un’azione nel seguente ordine:
In questo modo, garantiscono di arrivare a un valore di mercato adeguato per le azioni.
Il rapporto prezzo/valore contabile, spesso noto come rapporto P/B, misura il valore dell’azienda se venisse smontata e venduta subito dopo la sua creazione. Si tratta di un’informazione importante, perché molte aziende che operano in settori maturi faticano a svilupparsi, ma non significa che non possano ancora essere considerate un buon valore in base alle loro attività. Quando si calcola il valore contabile, è prassi comune prendere in considerazione beni come macchinari, edifici, terreni e tutto ciò che può essere venduto, come le scorte e le obbligazioni.
Il valore contabile delle società puramente finanziarie è soggetto alle fluttuazioni del mercato, poiché questi titoli contengono tipicamente un portafoglio di attività che cambiano di valore. Questo fa sì che il valore contabile fluttui con il mercato. Le aziende industriali, invece, hanno un valore contabile che si concentra maggiormente sui beni fisici che, secondo i principi contabili, diminuiscono di valore da un anno all’altro.
Indipendentemente dalle circostanze, un basso rapporto P/B può servire da salvaguardia, ma solo se è corretto. Per questo motivo, l’investitore deve effettuare un’indagine più approfondita sugli asset reali che compongono il rapporto.
È possibile che il rapporto prezzo/utili, spesso noto come rapporto P/E, sia quello che viene esaminato più di frequente e con la maggior minuzia. Nel caso in cui i guadagni improvvisi del prezzo di un’azione siano l’aspetto più importante, il rapporto prezzo/utili diventa l’aspetto centrale. Questo perché il rapporto prezzo/utili è quello che determina se una società può continuare a salire di valore anche in assenza di una crescita importante degli utili. In assenza di utili che sostengano il prezzo, un’azione finirà per scendere al livello precedente. Il fatto che si debba confrontare il rapporto prezzo/utili solo tra aziende che operano in settori e mercati comparabili è un aspetto essenziale da tenere presente.
È facile capire il perché di questa scelta: Un modo per pensare al rapporto prezzo/utili è quello di considerare il tempo necessario a un’azione per recuperare l’investimento iniziale, supponendo che non vi siano cambiamenti nell’azienda. Nel caso in cui non ci siano cambiamenti, un’azione che ora viene venduta a 20 dollari per azione e che ha un utile di 2 dollari per azione ha un rapporto prezzo/utili di 10, che viene comunemente interpretato come un rapporto che implica che si recupererà il proprio denaro in dieci anni.
Poiché gli investitori cercano di prevedere quali aziende registreranno guadagni via via maggiori, i rapporti prezzo/utili delle aziende sono in genere piuttosto elevati. Un investitore può acquistare un’azione con un rapporto prezzo/utili di trenta se crede che l’azienda raddoppierà i suoi utili ogni anno, riducendo così drasticamente i tempi di pagamento. Nel caso in cui ciò non si verifichi, il rapporto prezzo/utili dell’azienda tornerà a un livello più accettabile. È molto probabile che l’azienda continui a trattare con un rapporto prezzo/utili elevato anche se riesce a raddoppiare gli utili.
Considerando che il rapporto prezzo/utili (P/E) è insufficiente da solo, molti investitori ricorrono al rapporto prezzo/crescita degli utili (PEG). Nel calcolo del PEG ratio, il rapporto prezzo/utili tiene conto del tasso di crescita passato degli utili dell’azienda, anziché limitarsi a considerare il prezzo e gli utili. Il confronto tra le azioni dell’azienda A e quelle dell’azienda B può essere ottenuto anche attraverso l’uso di questo rapporto.
Per determinare il PEG ratio, occorre innanzitutto determinare il rapporto P/E di un’azienda e poi dividere questo numero per il tasso di crescita annuale degli utili della società. Quanto più basso è il valore del PEG ratio, tanto migliore è l’affare che si sta ricevendo per gli utili previsti del titolo in futuro.
È possibile determinare quanto si sta pagando per la crescita in ogni scenario confrontando due aziende con il rapporto prezzo/utili (PEG). Se la crescita continua allo stesso ritmo del passato, un PEG di 1 indica che è stato raggiunto il pareggio. Rispetto a un’azione con un PEG di 1, un’azione con un PEG di 2 indica che si sta pagando il doppio per la crescita prevista dell’azienda. Poiché non vi è alcuna garanzia che la crescita continuerà nello stesso modo in cui è avvenuta in passato, questo è considerato speculativo.
Rispetto al PEG ratio, che è un grafico che traccia la posizione di una società, il P/E ratio è un’istantanea della posizione attuale di un’azienda. Con tutte queste informazioni a disposizione, l’investitore deve stabilire se è probabile che l’azienda continui a crescere in quel determinato modo.
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Quando la crescita di un titolo prende una brutta piega o le tendenze che ci hanno convinto a intraprendere un dato investimento o una certa operazione a mercato, è sempre utile avere un piano di riserva. Per questo motivo, le azioni che pagano dividendi sono interessanti per un gran numero di investitori: anche se il prezzo dell’azienda scende, riceverete comunque un pagamento. Il rendimento da dividendo è una misura del ritorno sull’investimento che si sta ottenendo per il proprio investimento. Si può calcolare una percentuale prendendo il dividendo annuale dell’azione e dividendolo per il prezzo dell’azione.
Si può pensare a questa percentuale come all’interesse che viene pagato sul proprio denaro, con l’aggiunta della possibilità di crescita derivante dall’apprezzamento del titolo.
Nonostante il rendimento da dividendo sembri semplice, ci sono alcuni aspetti da tenere in considerazione. I dividendi incostanti o i pagamenti interrotti in passato suggeriscono che non si può fare affidamento sul rendimento da dividendi in modo affidabile. Le quote dei dividendi possono alzarsi e abbassarsi, proprio come le maree dell’acqua; pertanto, prima di prendere la decisione di acquistare, è fondamentale sapere da che parte sta la marea, ad esempio se i pagamenti dei dividendi sono cresciuti o meno da un anno rispetto all’altro.
Inoltre, i dividendi variano da settore a settore. Ad esempio, le aziende di servizi pubblici e alcune banche pagano spesso un importo significativo di dividendi, mentre le aziende tecnologiche, che spesso spendono praticamente tutti i loro ricavi nell’azienda per promuovere lo sviluppo, pagano dividendi molto bassi o nulli.
Ciò che costituisce un “buon” o “cattivo” rapporto prezzo/valore contabile dipende dal settore in cui opera l’azienda e dalla condizione generale delle valutazioni del mercato nel suo complesso. In generale, un rapporto prezzo/valore contabile inferiore a uno è considerato auspicabile, poiché suggerisce che è stato scoperto un titolo economico.
Tuttavia, nel determinare il rapporto prezzo/valore contabile di un’azione, ci sono alcuni investitori che potrebbero essere disposti ad accontentarsi di un rapporto P/B più elevato, fino a 3,0.
Ancora una volta, questo dipende dal settore in cui opera l’azienda in questione; tuttavia, come regola generale, quanto più basso è il rapporto prezzo/utili, tanto meglio è. Inoltre, un rapporto prezzo/utile auspicabile deve essere inferiore al rapporto P/E medio, che si colloca tra i 20 e i 25 anni.
Il PEG ratio è considerato in una posizione favorevole quando ha un valore inferiore a 1,0, il che indica che la società in questione è relativamente poco costosa.
Per essere considerati un’unica misura di un’azienda, il rapporto prezzo/utile, il rapporto prezzo/valore contabile, il rapporto prezzo/utile e i rendimenti da dividendi sono tutti troppo ristretti. Quando si combinano diversi approcci alla valutazione, si può ottenere un quadro più accurato del valore di un’azione. Anche gli indicatori più complessi, come il flusso di cassa, sono suscettibili di essere alterati da una contabilità creativa. Ognuno di essi può essere influenzato.
Più tecniche si incorporano nelle procedure di valutazione, più semplice sarà identificare eventuali incongruenze. Sebbene centinaia di misure personalizzate possano oscurare il significato di questi quattro indici primari, essi continueranno ad essere utili come pietre miliari nel processo di determinazione della validità o meno di un’azienda.
*NB: Le riflessioni e le analisi condivise sono da intendere ad esclusivo scopo divulgativo. Quanto esposto non vuole quindi essere un consiglio finanziario o di investimento e non va interpretato come tale. Ricorda sempre che le scelte riguardo i propri capitali di rischio devono essere frutto di ricerche e analisi personali. L’invito è pertanto quello di fare sempre le proprie ricerche in autonomia.
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