Quali elementi valutano gli investitori quando devono decidere tra acquistare azioni o obbligazioni? Vediamo anche una spiegazione plausibile della correzione attualmente in corso nei mercati azionari.
Il mercato azionario americano nella giornata di ieri, 18 Marzo, ha chiuso in brusco calo, con l’indice S&P 500 che ha ceduto l’1,48% e, soprattutto, con l’indice tecnologico (Nasdaq) che ha perso il 3% rispetto alla chiusura del giorno precedente.
La causa principale di questa correzione, nonchè del conseguente ribasso osservato anche in apertura delle borse europee, è stato il notevole aumento dei rendimenti dei Treasury Notes statunitensi (titoli di Stato USA). La scadenza a 10 anni ha toccato ieri un massimo di 1,75%, mentre il titolo trentennale è arrivato fino al 2,5%. Questa mattina i rendimenti sono leggermente scesi rispetto ai livelli appena indicati, che rappresentano i massimi degli ultimi 14 mesi, ma restano su livelli nettamente superiori a quelli di inizio anno, quando il decennale rendeva circa lo 0,90% e il trentennale l’1,65%.
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La teoria economica: la correlazione prezzi/rendimenti e azioni/obbligazioni
Dato che, nel mercato obbligazionario, rendimenti e prezzi si muovono in direzioni opposte (correlazione inversa), il rialzo dei primi è sinonimo del ribasso dei secondi. Quindi, se i prezzi scendono vuol dire che il mercato sta vendendo obbligazioni, le quali vengono considerate dagli investitori come asset “safe heaven”, ovvero attività finanziarie a basso rischio (e altrettanto basso rendimento) cui si ricorre soprattutto nelle situazioni di crisi oppure semplicemente quando si diffondono, tra gli operatori, aspettative pessimistiche sul futuro dell’economia.
Al contrario, in situazioni come quella attuale in cui gli investitori stanno vendendo asset sicuri come i titoli di Stato e vi è fiducia nello sviluppo dell’economia, come confermato dalle stime della Fed rilasciate due giorni fa, essi dovrebbero acquistare titoli più rischiosi come le azioni, le quali altro non sono che quote del capitale delle aziende che compongono il tessuto economico di una nazione.
I motivi per cui i mercati non stanno rispettando questa dinamica
Perché le borse stanno, nelle ultime ore, risentendo negativamente di questa salita dei rendimenti? Perché non ne stanno beneficiando, come le teorie economiche prevedono?
Per rispondere a queste domande, è necessario capire quali elementi gli investitori valutano per decidere se investire in azioni o in obbligazioni.
Acquistando titoli di debito (obbligazioni), gli investitori o sottoscrittori del prestito obbligazionario guadagnano un reddito periodico certo (che può essere fisso o variabile, in base alla natura delle cedole), a fronte di un rischio contenuto. Quando si diventa azionisti, invece, si punta sostanzialmente a guadagnare dalle variazioni dei prezzi e/o dalla distribuzione dei dividendi, che rappresentano quote dell’utile di esercizio. Questi ultimi assumono rilevanza soprattutto per coloro che investono in azioni in ottica di lungo termine.
Bisogna considerare, anche, che le azioni sono molto più volatili e rischiose delle obbligazioni e dovrebbero, perciò, remunerare gli investitori anche con un premio al rischio. Infatti, nei momenti in cui prevale l’avversione al rischio, gli investitori tendono a vendere azioni, spostando i flussi di capitale sui titoli obbligazionari (denominati anche bond).
Detto ciò, un investitore sceglie se acquistare azioni o bond sulla base della relativa capacità di remunerare il capitale investito. Ieri, un’azione quotata all’indice S&P 500 valeva mediamente quasi 40 volte l’utile medio maturato e il dividendo effettivamente staccato risultava pari a circa l’1,5% dell’investimento medio necessario per acquistare azioni, le cui quotazioni si muovono nei pressi dei massimi storici. Come si diceva in precedenza, il rendimento del Treasury Note a 10 anni, invece, si muove attorno ad un valore dell’1,70%, in linea con l’ultimo tasso d’inflazione rilevato negli USA per quanto riguarda il mese di febbraio. Il Treasury Note a 30 anni rende attualmente il 2,5%.
Da quanto appena detto, risulta evidente che, attualmente, acquistando azioni a Wall Street ci si ritrova a percepire un dividendo medio inferiore al rendimento dei bond a lungo termine e al tasso d’inflazione. Inoltre, considerando che i titoli di Stato sono asset più sicuri rispetto alle azioni, queste ultime dovrebbero offrire al mercato anche un premio al rischio: in altri termini, anche se il dividendo fosse pari al rendimento dei bond, sarebbe sempre più conveniente investire in titoli obbligazionari dato che garantiscono una minore rischiosità. Se consideriamo, infine, l’attuale tasso di inflazione (peraltro previsto in rialzo per la fine dell’anno), possiamo affermare anche che il guadagno derivante dal dividendo verrebbe totalmente cancellato dalla perdita di potere d’acquisto provocata dall’inflazione.
Altro fattore da considerare sono le variazioni del tasso di cambio. I rendimenti dei titoli di Stato USA, nettamente al di sopra di quelli vigenti nel resto del mondo occidentale, attirano capitali esteri, facendo aumentare la domanda di dollari e rafforzandone il valore nel mercato valutario. Di conseguenza, diventa meno conveniente acquistare azioni nel mercato statunitense per gli investitori esteri, peraltro in un periodo nel quale vi sono aspettative di rialzo dell’inflazione negli Stati Uniti.
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Cosa potrebbero determinare queste considerazioni nei mercati finanziari?
E’, dunque, evidente come la borsa americana stia diventando sempre meno conveniente rispetto ai titoli di debito, per cui queste considerazioni rendono plausibile per il prossimo futuro un riequilibrio dei mercati e, quindi, una correzione al ribasso del mercato azionario accompagnata dal ribasso dei rendimenti e dal rialzo dei prezzi sul mercato obbligazionario.
E’ risaputo, però, che i mercati non sempre sono razionali e non sempre rispettano i fondamentali, per cui le scelte degli investitori potrebbero anche non orientarsi nella direzione appena ipotizzata.