Gravissime conseguenze per chi non rispetta i dettemi del contratto d’affitto scaduto nelle date 2024 e 2025. Sfratto e non solo, bisogna porre in essere quanto predisposta dalla legge.
Cosa succede se ci si lascia scappare un contratto d’affitto scaduto 2024 e 2025? Guai e solo guai, lo sfratto è il minimo! Seguire i procedimenti disposti per legge è il primo passo, ma molti devono tenere conto del fatto che in materia ci sono molteplici cavilli. Alcuni di questi sono pari a delle trappole inaspettate, e riuscirne a venire fuori potrebbe essere più difficoltoso del previsto.
Lo sfratto è pronto lì dietro l’angolo quando serve, specie se si ha a che fare con un inquilino poco propenso a risolvere la questione facilmente. Quando entra in gioco un contratto d’affitto scaduto, che sia nel 2024, o prossimo nel 2025, comunque a breve, bisogna tenere conto della propria condizione, affinché si sia in regola al 100%.
Capita infatti che l’inquilino in questione si comporti davvero male, e questo accade nel momento in cui si rifiuta di abbandonare l’immobile. È possibile che la legge non riesca a farsi valere?
Ebbene, è necessario fare attenzione a chi si mette nella propria casa. Tutti possono sembrare brave persone, ma quando stanno per perdere un tetto sopra la testa, molti si trasformano!
Cosa succede con contratto d’affitto scaduto 2024 e 2025: procedimento e regole
Assodato che capita che l’inquilino si rifiuti di andare via a contratto d’affitto scaduto, occorre capire come intervenire al meglio pianificando ogni mossa secondo quanto predisposto dalla normativa vigente. Per essere in regola bisogna evidenziare alcuni aspetti cruciali. Il locatore ha tutto il diritto di sospendere il rapporto di locazione, purché 6 mesi prima della scadenza abbia messo per iscritto questa volontà mediante comunicazione. Fatto ciò, come procedere per tutelarsi se si è il proprietario?
Quindi, se si è nella condizione giusta, cioè conforme a legge, i passi da compiere sono i seguenti: si ricorre allo sfratto. Ce ne sono di due tipi. Il primo per morosità, a ci si accede quando l’inquilino non è in regola con i pagamenti che deve versare. Il secondo detto per “finita locazione”, è possibile quando al termine della contrattazione, indipendentemente dal fatto che sia in regola o meno con i pagamenti, l’affittuario non riconsegna la casa. Questo secondo quanto esplicato nell’art. 657 del Codice di Procedura Civile.
Se il locatore rispetta tutti i dettami predisposti per legge con tanto di notifica di “non rinnovo del contratto”, deve attivare la procedura di sfratto rivolgendosi al proprio legale. Quest’ultimo ricorrerà all’azione del Tribunale. Differentemente da altri tipi di sfratti, non è necessario inviare all’inadempiente una lettera di diffida. Molti però non sanno che è uno strumento utilissimo per il proprietario.
Serve dal momento in cui accorcia i tempi. Magari i due soggetti in gioco si accordano senza aspettare i tempi delle giustizia che sono più lunghi, conquistando un compromesso. Ad esempio, si decide di procedere con il pagamento del canone d’affitto finché l’inquilino non trova una nuova casa.
Ma se non si giunge a questa valida pacificazione, si inoltra l’atto di intimazione di sfratto a cui allegare la citazione per l’udienza di convalida. Essa è fissata non prima di 20 giorni dall’emissione del suddetto atto. Da qui può succedere di tutto. L’inquilino non si presenta, o c’è, ma si oppone, o potrebbe anche capitare che accetti.
Ci sono casi in cui se chi si oppone ha una documentazione che ritiene lo sfratto infondato, e ciò potrebbe alla fine essere rimandato alla giustizia ordinaria. Potrebbe pure accadere che sia il proprietario a non presentarsi, poiché nel frattempo tutto si è risolto o si è raggiunto un altro accordo. Così, lo sfratto si estingue.
Ma se lo sfratto entra in gioco l’inquilino non solo tenuto a lasciare casa. Deve pagare le spese processuali anticipate dal locatore, quelle del canone in tutti i periodi in cui è rimasto nella casa, e qualsiasi danno subito in relazione alla casa dal proprietario.