Il termine finanza islamica si riferisce alla visione e ai limiti imposti all’attività finanziaria della legge islamica.
I dettami religiosi della fede islamica impongono ai suoi fedeli specifici divieti di natura finanziaria.
La finanza islamica è una particolare modalità di concepire il sistema finanziario, basata sull’aderenza ai dettami religiosi e agli effetti di alcuni comportamenti sulla comunità. In questo senso il conto islamico si riferisce a un conto di trading che permette anche ai musulmani di poter operare sui mercati finanziari evitando di violare i propri precetti.
Al fine di attingere a una clientela che ha nel mondo un potenziale di due miliardi di persone, i broker hanno creato conti specifici che contribuiscono a realizzare un sistema basato sull’etica religiosa.
Tutte le regole generali dal punto di vista operativo restano uguali. In generale i traders di fede islamica hanno gli stessi asset a disposizione degli investitori non musulmani, le stesse piattaforme, lo stesso servizio di assistenza e così via. L’eccezione di questi conti sta nel divieto assoluto di tutte le attività finalizzate alla riscossione di interessi. Nel mondo islamico qualsiasi interesse, detto Riba, corrisponde ad usura. Per questo motivo i conti islamici non maturano interessi ne swap sulle operazioni di trading.
Non solo i broker ma circa 520 banche e 1700 fondi comuni di investimento in tutto il mondo hanno conti che rispettano questo principio. Tra il 2012 e il 2019, le attività finanziarie islamiche sono passate da 1,7 a 2,8 mila miliardi. Entro due anni queste aumenteranno ancora fino al 30% con una crescita in gran parte dovuta allo sviluppo di alcuni paesi musulmani. Solo nel 2020 l’attività finanziaria di questi paesi è cresciuta di oltre il 10%, con un sistema bancario dedicato fondato sui principi derivanti dal corano.
Nel settore bancario islamico, tutte le transazioni devono essere conformi alla shariah, il codice legale dell’Islam. Le regole per le transazioni commerciali nel settore bancario islamico sono codificate e regolate da consuetudini. Queste sono applicate in generale al mondo degli affari in cui sono vietati l’usura, la speculazione e il gioco d’azzardo.
La Shariah proibisce anche tutti gli investimenti che coinvolgono oggetti o sostanze proibiti nel Corano, tra cui alcol, gioco d’azzardo, carne di maiale. In questo modo, il sistema bancario islamico può essere considerato una forma culturalmente distinta di investimento etico.
Per guadagnare denaro senza la tipica pratica di addebitare interessi, le banche islamiche utilizzano sistemi di partecipazione azionaria. Questo significa che se una banca presta denaro a un’azienda, l’azienda rimborserà il prestito senza interessi, dando direttamente alla banca una quota dei suoi profitti. Se l’azienda è inadempiente o non guadagna abbastanza la banca non trae in questo modo alcun beneficio economico. In generale, per tutti questi motivi le istituzioni bancarie islamiche tendono a essere più avverse al rischio ed evitano i settori che non sono in grado di giovare all’economia reale.
In questo senso sono vietati molti degli strumenti derivati, ampiamente adoperati dalla finanza convenzionale. Il mercato dei contratti derivati è infatti fortemente incentrato sulla speculazione. La volontà nella finanza così detta islamica è quella di evitare che un soggetto si arricchisca ingiustificatamente.
Strumenti convenzionali come i conti correnti, di deposito o i finanziamenti, sono sostituiti da specifici schemi contrattuali, basati sulla condivisione del rischio e del profitto tra le parti. Questi contratti sono caratterizzati da una meticolosa supervisione e un’attenzione particolare anche in relazione all’asimmetria informativa dei contraenti. Questo è applicato in particolare nei contratti assicurativi.
Uno dei principi più importanti che l’Islam applica in ambito economico è quello della ridistribuzione della ricchezza. Questa regola fondamentale è la forma moderna del dovere all’elemosina, un tempo strumento di perequazione delle differenze economiche tra le classi sociali. Oggi l’Islam la applica in campo fiscale sotto forma di imposta sul reddito per contribuire a sovvenzionare lo stato sociale.
La finanza islamica influisce naturalmente anche nelle caratteristiche dei prodotti finanziari. Tra questi i fondi etici islamici che escludono le società quotate coinvolte in attività bancaria e assicurativa convenzionale. Il processo di selezione richiede inoltre il rispetto di una serie di requisiti patrimoniali e finanziari. Ciò per scongiurare investimenti verso aziende eccessivamente indebitate o che abbiano un eccesso di liquidità in bilancio sottratto al ciclo produttivo.
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La finanza islamica può essere un ottimo spunto anche per chi vuole avvicinarsi a investimenti in grado di mantenere parametri finanziari e patrimoniali minimi, anche durante cicli economici sfavorevoli o improvvise crisi finanziarie. Il legame con l’economia reale e il basso ricorso alla leva finanziaria della finanza islamica possono assicurare la solvibilità delle aziende che applicano i suoi principi. Dopo le recenti crisi, anche il nostro sistema economico e finanziario ha intrapreso un percorso di efficientamento sia in senso ecologico che di conseguenza in senso etico. Oggi la finanza è molto più sensibile alla sostenibilità e alle ricadute delle sue attività.
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