Conto cointestato: e se i soldi non fossero davvero di entrambi? Il caso di Sandra e Mirco sconvolge tutto

Come la Cassazione ha rivoluzionato la gestione dei conti correnti cointestati: il caso di Sandra e Mirco svela dettagli sorprendenti sulla proprietà dei fondi condivisi.

Immagina di condividere un conto corrente cointestato con il tuo partner, pensando che tutto sia equamente diviso. Ma cosa succede se la relazione finisce e sorgono dubbi su chi possiede realmente quei soldi?

Banconote in euro
Conto cointestato: e se i soldi non fossero davvero di entrambi?-trading.it

È proprio quello che è accaduto a Sandra e Mirco, una coppia come tante, che ha dovuto affrontare una realtà ben diversa da quella che immaginavano.

Durante il matrimonio, i due avevano aperto un conto comune, utilizzandolo per gestire le spese quotidiane e accumulare risparmi. Tuttavia, gran parte del denaro proveniva dai guadagni e dagli investimenti di Mirco, mentre Sandra aveva contribuito in maniera più marginale. Quando la loro relazione è giunta al capolinea, la questione della divisione del saldo è diventata un problema spinoso. Chi aveva davvero diritto a quei soldi? Bastava la cointestazione del conto per affermare che il denaro fosse di entrambi?

A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione, stabilendo un principio che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui i conti cointestati vengono considerati in caso di separazione o divorzio.

Quando il denaro sul conto cointestato non è di entrambi

Molti credono che, aprendo un conto corrente cointestato, ogni titolare abbia automaticamente diritto al 50% delle somme presenti. Questa idea è supportata dall’articolo 1854 del codice civile, che prevede una presunzione di comproprietà dei fondi: in altre parole, se due persone condividono un conto, si assumono che i soldi appartengano in parti uguali ad entrambi.

Banconote in euro
Quando il denaro sul conto cointestato non è di entrambi-trading.it

Ma la realtà non è così semplice. Il codice civile stesso, nell’articolo 1298, comma 2, offre una possibilità di ribaltare questa presunzione, dimostrando che le somme non appartengono realmente ad entrambi i titolari del conto. In pratica, se una persona può fornire prova concreta che i soldi derivano esclusivamente dal proprio lavoro, eredità o investimenti, allora può rivendicarne la proprietà totale.

Nel caso di Sandra e Mirco, lui ha versato una somma consistente derivante dalla vendita di un immobile ereditato. Quando la relazione è finita, Sandra ha prelevato metà del saldo, convinta che fosse il suo diritto. Mirco, però, ha contestato questa operazione e ha portato la questione in tribunale.

La decisione della Cassazione: una svolta per i conti cointestati

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1643 del 23 gennaio 2025, ha stabilito che il denaro presente in un conto corrente cointestato non appartiene automaticamente a entrambi gli intestatari. Se uno dei due riesce a dimostrare, con prova documentale, che quei soldi provengono esclusivamente da lui, allora l’altro non può rivendicarne la proprietà.

Nel caso di Sandra e Mirco, la Cassazione ha dato ragione a lui, perché i versamenti erano stati effettuati con denaro derivante dalla sua eredità. La presenza di documenti chiari, come gli atti di vendita dell’immobile e le transazioni bancarie, è stata decisiva per stabilire che il denaro apparteneva esclusivamente a Mirco.

Questa sentenza cambia il modo in cui molte persone dovranno considerare i conti cointestati. Non basta avere il nome su un conto per rivendicare la proprietà del denaro: serve dimostrare concreto.

NB Sandra e Mirco sono personaggi di fantasia

Gestione cookie