L’Agenzia delle Entrate può sempre verificare i dati dei conti correnti. Occhio a questo elemento, se si vogliono evitare sanzioni.
Per favorire la lotta all’evasione fiscale, l’Agenzia delle Entrate è autorizzata a controllare i movimenti in entrata e uscita dei conti correnti dei contribuenti, per verificare che siano coerenti con le dichiarazioni dei redditi.

A tal fine, le banche e gli uffici postali sono tenuti a consegnare i dati sui conti attivi. L’esercizio di tale potere da parte del Fisco prescinde dall’autorizzazione da parte e avviene attraverso l’accesso al cd. Registro dei Rapporti Finanziari, una sezione dell’Anagrafe Tributaria. I controlli possono coinvolgere le operazioni compiute fino a cinque anni il periodo di riferimento della Dichiarazione dei Redditi, oppure fino a sette anni prima, per i soggetti che non hanno presentato il Modello 730.
Contrariamente a quanto si possa pensare, sotto la lente di ingrandimento dell’Amministrazione fiscale finiscono spesso anche i contribuenti che non effettuano mai prelievi dal proprio conto corrente, che potrebbero essere convocati per fornire spiegazioni sull’inattività.
Non prelevi contanti dal conto, non paghi con carta e non effettui bonifici? Attenzione agli accertamenti fiscali
Se siete titolari di un conto corrente bancario o postale, prestate molta attenzione non solo alle operazioni effettuate ma anche a quelle non compiute. In caso di prelievi esigui e sporadici o di mancato utilizzo delle carte di debito o credito, il Fisco potrebbe insospettirsi e pensare che si stiamo usando soldi in nero, non dichiarati, per le spese quotidiane.

Ma quali sono le attività che l’Agenzia delle Entrate valuta con maggiore sospetto? Nel dettaglio:
- prelievi frequenti;
- prelievi di importo elevato;
- mancanza di prelievi;
- versamenti di somme considerevoli o regolari;
- bonifici in entrata senza una precisa causale;
- risparmi eccessivi rispetto ai redditi dichiarati.
I controlli, tuttavia, non sono immediati, perché il Fisco accerta prima l’eventuale presenza del rischio di evasione, servendosi anche di sofisticati sistemi di Intelligenza Artificiale, per limitare gli errori di valutazione. Il contribuente interessato riceve un questionario, con il quale viene esortato a dimostrare la natura del denaro con il quale ha sostenuto determinate spese.
In altre parole, il contribuente deve fornire la prova contraria, allegando sufficiente e idonea documentazione. Sulla questione si è pronunciata più volte la Corte di Cassazione, che ha sottolineato come il contribuente debba dimostrare, per ciascun versamento bancario indicato dal Fisco, la natura delle somme usate; la prova, tuttavia, non può essere generica, ma deve essere analitica e dettagliata.
Nel caso in cui la prova fornita non venga considerata valida, l’Agenzia delle Entrate potrebbe collegare le spese sostenute alla presenza di redditi non dichiarati e, dunque, decidere di emettere un avviso di accertamento, diretto al pagamento sia delle imposte dovute sia delle sanzioni per evasione fiscale.