Una recente sentenza chiarisce che l’assistenza può essere anche non continua e il requisito di convivenza e coabitazione nel congedo di due anni.
La legge 104 tutela il lavoratore disabile e la sua famiglia con tantissime agevolazioni che vanno dall’assistenza sanitaria, settore auto e nel mondo lavorativo. Oggi esaminiamo una recente sentenza della Corte dei Conti, in materia del congedo legge 104 di due anni retribuito e coperto da contribuzione figurativa. In effetti secondo la Corte il concetto di convivenza non significa coabitazione.
La Corte dei Conti con la sentenza n. 261 del 21 settembre 2021 ribalta il requisito di convivenza non considerando significativa la coabitazione. Nello specifico chiarisce che il concetto di assistenza alla persona con disabilità grave sia in ambito della Legge 104 dell’anno 1992 sia in quello del D. Lgs. 151 dell’anno 2001, il dipendente ai fini della concessione dei permessi al dipendente pubblico, non bisogna intendere come vicinanza continuativa ed interrotta alla persona con disabilità.
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Il caso esaminato riguarda un lavoratrice (figlia) che assiste il padre affetto da menomazioni psico-fisiche, che necessita di assistenza continua. La Corte precisa che per le assenza dal lavoro per la cura del familiare con handicap grave, spesso richiedi interventi che non implicano la vicinanza continua con il disabile. Però, ci deve essere stretta correlazione tra l’assenza dal lavoro e la cura del soggetto bisognoso di cure. Su questo concetto numerose le sentenze in merito nella giurisprudenza ordinaria, contabile e amministrativa. (Cassazione Civile Sezione Lavoro, n. 12032/2020; Cassazione Penale Sezione II, n. 54712/2016; Tar. Sardegna, Sentenza I, n. 224/2020; Corte dei conti, Sezione Lazio, n. 2039/2009) Legge 104 | Come si ottiene il riconoscimento dell’articolo 3 comma 3 con handicap grave
Sulla base della documentazione allegata agli atti si evince che la dipendente svolgesse attività di gestione di un immobile del padre, nei giorni di congedo. La Corte cita la sentenza della Cassazione civile, Sezione Lavoro, ordinanza n. 23434/2020, nella quale è chiarito il concetto di assistenza. Infatti, si legge nella sentenza che l’assistenza ad un familiare disabile, può essere prestata anche con modalità e forme diverse. Inoltre, chiarisce che può essere prestata anche attraverso lo svolgimento di incombenze amministrative di qualsiasi genere, purché siano effettuate nell’interesse del familiare che si assiste. Quindi, il Collegio non ritiene che sussistano elementi illeciti.
Infine, la Corte si sofferma sulla progettazione accusatoria, nella quale si evince che la dipendente non risiedeva presso il padre disabile, ma nell’abitazioni con il marito, e quindi, non sarebbe stato rispettato il requisito di convivenza.
Il giudice osserva che nel congedo ex art41 D.Lgs. n. 151 dell’anno 2021, il presupposto per fruire del congedo è la convivenza con il familiare disabile in situazione di gravità. Ma, è altrettanto vero che la normativa ammette il concetto di convivenza non coincidente con quello della “coabitazione”. La condizione p che sia assicurata in favore del disabile un’assistenza costante e abituale.
La richiesta di risarcimento avanzata dall’ente è integralmente respinta.
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