Il conflitto in Ucraina non si ferma, dopo le annessioni dei territori occupati la guerra si inasprisce, ecco cosa aspettarci!

Forse diamo innanzi a una nuova fase del conflitto. Decisiva è l’annessione degli oblast in parte occupati dalle truppe di Mosca.

Il Cremlino si garantisce nuove aree dove poter proseguire i suoi combattimenti.

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I cosiddetti «referendum farsa» sono terminati. L’esito, forzato e ovvio, vede il “trionfo” della mozione che immaginava l’annessione alla Federazione Russa delle regioni del Donetsk, Luhansk, Kherson, Zaporizhia.

Ora Putin e i suoi mettono il piede sull’acceleratore. La Russia godrebbe di innumerevoli benefici dall’ufficialità delle annessioni delle aree ucraine in parte occupate, potendone fare a quel punto ciò che ne vorrà.

Del resto, la logica dell’autocrate è semplice e scontata: la possibile annessione ufficiale delle aree ucraine le tramuterebbe seduta stante in territorio russo consentendo così a Mosca di motivare l’invio di forze belliche in Ucraina (diventata ufficialmente terra russa), in un goffo tentativo di convertire l’offensiva armata russa in un’azione militare di salvaguardia delle «proprie» terre.

Nuova fase del conflitto

Intanto il Cremlino sta programmando un nuovo stadio di questa lunga battaglia armata. L’intento, palesato dal rappresentante russo Dmitry Peskov e riportato dal magazine russo Tass, sarebbe quello di liberare il territorio appartenente alla Repubblica popolare di Donetsk. A oggi l’Ucraina ne detiene il 40%. La guerra russa, purtroppo, non si arresta.

È molto probabile che Vladimir Putin, nella giornata di venerdì, ufficializzi le annessioni dei territori sud orientali dell’Ucraina (non solamente Donetsk e Luhansk, ma anche Kherson e Zaporizhzhia) in occasione del suo comizio all’Assemblea federale. Al momento, in ogni caso, la tensione si conferma elevata intorno alle due repubbliche del Donbass.

I poteri del territorio hanno annunciato il trionfo dei «sì» per l’istanza di annessione alla Russia nel consulto referendario bollato, con le ragioni del caso, come una farsa sia da Kiev sia dall’Alleanza occidentale. Nel frattempo in quel di Mosca è attesa la visita del leader della Repubblica popolare di Luhansk, tale Leonid Pasechnik.

Putin non molla la presa, le armi non si fermano

In seguito alla comunicazione circa la chiamata alle armi parziale di 300mila unità istruite per la battaglia, è immediatamente cominciata l’esercitazione dei riservisti inclusi nella mobilitazione e che, come chiarito dall’autocrate di Mosca, ha la volontà di addestrare e reclutare nuove forze militari da spedire al fronte.

L’annuncio è stato rivelato dal ministero della Difesa di Mosca. Il portavoce ha espresso come l’addestramento sia attivo in tutto il Paese, finanche nell’area regionale di Rostov ai confini proprio con l’Ucraina, nella penisola di Crimea annessa con il consulto referendario del 2014 e nel territorio di Kaliningrad.

Fuga dal conflitto, i russi non vogliono combattere

Nel mentre prosegue il grande esodo dalla Russia. Quotidianamente circa 10mila cittadini russi tentano di penetrare in Georgia. Nella giornata di ieri 5.500 mezzi, tra cui 3.600 automobili, sono stati intercettati alla frontiera a sud di Vladikavkaz.

Stando a notizie che giungono da Tbilisi, ogni giorno che passa raddoppia il numero di persone che provano a lasciare la propria patria. La mobilitazione di migliaia di riservisti proclamata da Putin nella giornata del 21 settembre ha intimorito non pochi cittadini russi.

Vakhtang Gomelauri, ministro dell’Interno georgiano, ha rivelato come solo pochi giorni fa giungevano nel suo Paese circa 5.000-6.000 persone provenienti dalla Russia al giorno. La cifra è aumentata fino a circa 10.000 al giorno.

Georgia e Armenia non esigono visti per i cittadini russi e si presentano così come una delle maggiori mete di salvezza per i medesimi cittadini in fuga fin dal divampare del conflitto lo scorso 24 febbraio.

Il ministero della Difesa russo ha affermato di non aver previsto la richiesta di rimpatrio dei propri cittadini in fuga negli Stati confinanti a seguito della proclamazione della mobilitazione parziale, scartando così l’idea di una possibile deportazione.

Il Cremlino ha affermato come, sebbene la mobilitazione parziale sancita da Putin settimana scorsa, non sarà incoraggiato un rientro obbligatorio di persone che al momento non sono presenti in patria. Ragion per cui, stando a quanto scritto dal magazine Interfax, l’Esecutivo russo non promuoverà alcuna sollecitazione agli Stati prossimi come il Kazakistan e la Georgia.

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