Le commodity più volatili di questa settimana su cui fare trading sono petrolio, gas naturale, argento, litio e legname.
Per tutto il 2021 quello delle materie prime è stato un settore particolarmente colpito dalla congiuntura economica.
Dalla politica monetaria alle preoccupazioni circa possibili nuovi rallentamenti produttivi hanno fatto delle commodities uno dei comparti che ha registrato nel 2021 i maggiori incrementi. Se si vuole fare trading sulle commodity o comparti correlati, il primo settore a scontare gli effetti delle variazioni di prezzo è quello automobilistico.
L’industria automobilistica è composta da aziende che producono e distribuiscono veicoli e parti di veicoli. Negli ultimi due anni essi hanno subito cambiamenti significativi dall’avvento di tecnologie che costituiscono oggi le componenti di auto elettriche e ibride.
Dai metalli alle fibre, alla sabbia e al quarzo, la produzione automobilistica utilizza forse più materie prime di qualsiasi altra industria. Questo settore è sempre stato uno dei leader capace di diffondere le innovazioni nella produzione di massa contribuendo alla domanda di specifiche materie prime.
Il settore automobilistico utilizza una vasta gamma di materiali nella produzione. Metalli come ferro, alluminio e acciaio, ma anche plastiche e vetro. A partire dal 2020, l’acciaio compone circa il 65% delle parti dei veicoli in concorrenza con l’alluminio, utilizzato soprattutto nell’industria USA come valida alternativa per aumentare l’efficienza dell’auto.
Il prezzo dell’alluminio ha superato in questi giorni il massimo degli ultimi vent’anni, arrivando alla quotazione record di quasi 3100 dollari per tonnellata.
Il trend rialzista iniziato da marzo 2020, quando l’alluminio quotava 1500 dollari, è stato alimentato da scorte in calo e aspettative di grandi deficit a causa della crisi energetica. Dalla metà di marzo le scorte della materia prima sono diminuite del 50%. La più grande fonderia di alluminio d’Europa Aluminium Dunkerque Industries France è destinata a ridurre la produzione del 15%, mentre Alcoa la seconda in ordine di grandezza interromperà la produzione di alluminio per due anni, nel suo secondo più grande impianto produttivo in Spagna. Nel frattempo, le politiche di abbattimento delle emissioni inquinanti hanno provocato divieti e riduzione nell’uso del carbone diminuendo facendo diventare antieconomica una parte della produzione di alluminio di Cina e India.
Con l’espansione del ciclo economico la valutazione delle materie prime dovrebbe salire contestualmente. Solo a gennaio l’indice S&P GSCI, composto dalle 24 materie prime più rappresentative dei vari comparti economici, è salito del 9,34%. L’indice comprende prodotti energetici, metalli industriali, prodotti agricoli, prodotti zootecnici e metalli preziosi, ma la sua esposizione al settore energetico è molto più alta rispetto ad altri indici che pesano i prezzi delle materie prime. All’interno del Goldman Sachs Commodity Index questi hanno chiuso il 2021 in rialzo del 59% rispetto a gennaio 2021.
Nel suo complesso invece nello stesso periodo di tempo, l’indice globale di riferimento delle materie prime, ha avuto un incremento del 47,6% registrando il suo miglior rendimento degli utltimi dieci anni. Anche a gennaio il prezzo dell’indice è continuato ad aumentare salendo del 6,3% nelle prime tre settimane dell’anno.
Tra le materie prime in grado di continuare a performare nei prossimi mesi ci sono il gas naturale e il petrolio.
Il gas naturale rappresenta quasi un quarto del consumo energetico degli Stati Uniti ed è stato interessato da un trend crescente che ha portato il suo prezzo ai intorno ai 79 euro per megawattora, vicini a livelli che non si vedevano dalla fine di dicembre. Il gas naturale è maggiormente utilizzato in inverno ma gli investitori si stanno concentrando su una possibile crisi tra l’Unione eruopea e la Russia date le recenti tensioni geopolitiche che si intensificano intorno all’Ucraina.
L’Unione europea importa cinque volte più gas dagli Stati Uniti che non dalla Russia. Nonostante il suo fabbisogno energetico possa riuscire comunque a essere soddisfatto attingendo alle risorse USA, il taglio dell’approvigionamento può comunque influire positivamente sul prezzo della materia prima nel breve periodo.
Intanto il prezzo del petrolio greggio ha raggiunto un importante record di prezzo e si avvicina ai 90 dollari al barile. Ci sono almeno due elementi che potrebbero cambiare lo scenario, a esclusione della diffusione della variante omicron che sembra non incidere in modo particolare su eventuali nuovi lockdown. Questi riguardano il protrarsi dei limiti nelle catene di approvvigionamento e il rischio di una contrazione dell’economia cinese. Nonostante le stime attese per una crescita del 5,7% il paese asiatico potrebbe scontare sulla crescita del Pil la recente crisi del settore immobiliare e della prosecuzione del braccio di ferro commerciale con gli USA.
Il futures sul brent crude oil è un benchmark internazionale per il prezzo del petrolio. Dopo aver raggiunto nel 2021 i prezzi più alti degli utlimi otti anni, occorre chiedersi come evolverà il prezzo nel 2022. Da questo dipenderà una buona parte della ripresa economica. Secondo gli analisti del settore è verosimile aspettarsi un’impennata delle quotazioni nel primo trimestre, accompagnate dall’effetto dell’aumento della domanda di carburante da parte delle compagnie aeree. Diversi paesi toglieranno le restrizioni alla mobilità e al turismo, tra queste Nuova Zelanda, Singapore e Australia.
Nonostante l’OPEC+ abbia preso degli impegni per riportare l’equilibrio tra produzione e domanda gli spunti rialzisti possono accompagnare ancora per qualche mese il valore dell’oro nero. Politica e spaculazione sono due variabili in grado di incidere pesantemente sul prezzo di questa commodity salita da dicembre 2021 di circa il 30%.
Secondo i dati ufficiali dell’EIA, le scorte di greggio negli Stati Uniti sono aumentate di 515.000 barili. Gli investitori osservano con attenzione i dati della United States Energy Information Administration, l’agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti. L’aspettativa concernente l’aumento delle scorte di petrolio e benzina, aumentate anch’esse raggiungendo il massimo degli ultimi 11 mesi potranno dare nuovo respiro alle quotazioni. In questo contesto sono possibili nuovi ritracciamenti fino almeno al supporto di prezzo degli 84 dollari. Fino a estensioni agli 80 dollari al barile.
Le aspettative del consumo di petrolio nel 2022 sono a rialzo rispetto al 2019 di circa 200.000 barili. Questo averrà in particolar modo se paesi come Stati Uniti, Canada, Brasile, Arabia Saudita e Russia, continueranno ad allentare i tagli alla produzione che si erano imposti durante la fase più acuta della pandemia.
Un’altra commodity a cui prestare attenzione questa settimana è l’argento. Il future sul metallo prezioso svolge un ruolo importante sia per gli investitori come protezione dal rischio sia per società minerarie, costruttori di prodotti finiti e di materiali industriali. I maggiori utilizzatori di argento sono le industrie impegnate nel settore fotografico, nei beni di lusso e nell’elettronica. Tra i paesi più attivi nella produzione di argento ci sono: Messico, Perù e Cina seguiti da Australia, Cile, Bolivia, Stati Uniti, Polonia e Russia.
Nonostante la correlazione dell’argento con l’oro c’è una differenza sostanziale tra i due metalli. Entrambi sono percepiti come bene rifugio ma il primo ha un impiego industriale molto più diffuso. Il 50% della domanda di argento è infatti legata al suo impiego nell’economia reale. Il 2022 dovrebbe segnare la possibile svolta dell’argento a partire dall’inflazione USA. Questa ha toccato a dicembre il massimo degli ultimi 40 anni, arrivando a una crescita del 7% rispetto allo stesso perido dell’anno precedente. Nell’Unione Europea i prezzi al consumo sono aumentati del 5% e nel Regno Unito si è raggiunto il livello più alto degli utlimi 30 anni.
Questi valori riflettono la diffusione dell’inflazione partita dal costo dell’energia, a tutti i comparti economici. Solo l’aumento dei tassi di interesse e un relativo rallentamento della crescita può ridurre l’inflazione e di conseguenza una parte importante della domanda di argento oggi scambiato intorno ai 24,5 dollari.
L’attenzione degli investitori per la ripresa economica sulla scia della rivoluzione verde e della decarbonizzazione coinvolge in un trend favorevole numerose materie prime. Tra queste rame, nichel e litio, vitali per lo sviluppo di massa di veicoli elettrici e altre tecnologie di energia pulita. Per quanto riguarda quest’ultimo, nel 2021 la domanda del metallo ha toccato nel 2021 i 32 mila dollari per tonnellata, dimostrando la sua importanza per il comparto dell’elettronica.
Gli investimenti sul litio possono infatti avere un rischio direttamente correlato alla domanda di questo settore, nonché allo sviluppo della tecnologia delle batterie dei veicoli elettrici. Queste in particolare sono di importanza vitale per rimanere competitivi, tanto che gli investimenti nel comparto ricerca e sviluppo delle case automobilistiche, migliorano sempre più prestazioni ed efficienza delle attuali batterie. Con il mutamento delle tecnologie potrà variare di conseguenza la quantità di litio utilizzato ed è necessario per questo rimanere aggiornati e monitorare gli ultimi sviluppi del settore.
Il litio è un metallo leggero bianco argenteo i cui maggiori produttori sono Cile, Cina, Australia e Argentina. L’idrossido di litio è presente nelle batterie per veicoli elettrici e telefoni cellulari e ha un prezzo per tonnellata di circa 348.000 yuan. Il suo valore da agosto 2021 ad oggi è aumentato più del 240% sia a causa dell’aumento della domanda a livello globale sia a causa della contrazione delle forniture.
Si stima che le vendite globali di veicoli elettrici siano aumentate del 160% nel corso del 2021, le vendite in Cina dovrebbero raddoppiare nel 2022 raggiungendo i 5 milioni di veicoli. Nel frattempo, i minatori in Cina non riescono a tenere il passo con l’aumento degli ordini, sostenendo il trend rialzista che potrà conitnuare sul medio lungo periodo.
Una delle materie prime più sottovalutate che negli ultimi tre mesi ha realizzato il più rapido incremento di prezzo della sua storia è il legname. Questa commodity quotata al Chicago Mercantile Exchange si riferimentosta al future legato ai produttori di legname degli Stati Uniti e del Canada.
Il legname nel 2021 è arrivato ai suoi massimi storici ed è stato un asset particolarmente remunerativo per i traders sia in ottica rialzista che ribassita. La volatilità del future di questa materia prima ha sorpreso la maggior parte degli investitori arrivando a 1670 dollari a maggio 2021 per toccare il minimo a 448 dollari a metà di agosto. Una variazione del 75% in tre mesi simile soltanto ai recenti sviluppi speculativi di settori come le criptovalute.
Il futures sul legname ha chiuso il 2021 con un guadagno di quasi il 32%. I vincoli significativi della catena di approvvigionamento hanno fatto salire i prezzi. Questo a causa dell’assenza di strategie di approvvigionamento comprensive dei recenti mutamenti nelle dinamiche di mercato. Gli acquirenti abituati alle variazioni stagionali del prezzo della materia prima non sono riusciti nell’ultimo anno a trovare il corretto tempismo per acquistare il futures o la materia prima all’ingrosso. La domanda concentrata in alcuni momenti di minore incertezza ha così finito per alimentare un trend crescente che ha alimentato la speculazione.
Tra i fattori economici più direttamente legati alla variazione dei prezzi ci sono le tariffe sull’importazione e l’esportazione del leganme canadese, aumentate del 100% a novembre 2021. L’annuncio del piano dell’amministrazione Biden ha fatto si che l’accumulo di scorte da parte delle imprese di costruzione avvenisse in maggiore quantità e prima del previsto. A questo si aggiunge una stagione invernale insolitamente calda, che permette ai costruttori di proseguire la loro attività fuori stagione. Metà dei principali produttori di legname si trova nella Columbia Britannica. Gli Stati Uniti importano il 50% della produzione di questa regione canadese.
Oltre questo i nubifragi di dicembre nella Columbia Britannica, hanno provocato un arresto temporaneo delle esportazioni mettendo sotto pressione i prezzi della materia prima. Le variazioni direttamente imputabili a questo fenomeno sono arrivate fino al 20% del prezzo.
Le informazioni presenti in questo articolo non sono da intendersi come un invito all’investimento né alla speculazione.
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