Obbligazioni e Titoli di Stato, noti anche come bond sono titoli a reddito fisso; come funzionano e come usarli al meglio all’interno di un portafoglio diversificato.
I titoli a reddito fisso sono strumenti finanziari rappresentano un credito nei confronti dell’emittente.
Il debito emesso a fronte di un titolo serve per finanziare l’attività di una società o la spesa di uno Stato. Se quest’ultimo è un ente pubblico infatti parleremo di bond governativi o titoli di Stato. Se, invece, l’emittente è una società privata saremo di fronte a un’obbligazione aziendale, o corporate bond.
Il vantaggio per gli investitori è in generale la loro capacità di remunerare con interessi costanti e prevedibili. Alla scadenza dell’obbligazione si riceve inoltre la restituzione intera del capitale investito inizialmente. A differenza delle azioni le obbligazioni hanno una volatilità e in generale un rendimento più contenuto. Nonostante questo e sebbene spesso siano classificati come investimenti sicuri anche i titoli a reddito fisso comportano dei rischi con la possibilità pur remota di perdere l’intero capitale.
Di solito un’obbligazione paga interessi periodici sotto forma di cedola. Questa può essere corrisposta ogni anno, ogni sei mesi o, in modo meno frequente, con scadenza trimestrale. La cedola è quindi l’interesse corrisposto al creditore, in questo caso l’investitore che lo ha acquistato; essa sarà tanto più alta minore è la domanda e maggiore il rischio di insolvenza di chi emette il titolo. Gli interessi sul prestito sotto forma di cedola sono quindi la contropartita necessaria per attrarre liquidità e finanziamenti.
Le obbligazioni possono anche avere un rendimento negativo. In questo caso l’investitore le utilizza per mettere al sicuro il capitale su un titolo estremamente sicuro. È il caso, ad esempio, dei titoli di Stato tedeschi, storicamente negativi, oggi invece con un rendimento positivo intorno all’1%.
Oltra a questo tipo di obbligazioni si distinguono obbligazioni senza cedola come i Zero Coupon Bonds. La remunerazione di questa obbligazione dipende esclusivamente dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il valore nominale. I titoli a tasso variabile, invece, non offrono una remunerazione predeterminata ma dipendente da un parametro finanziario, ad esempio l’inflazione. Se quest’ultimo è particolarmente complesso parleremo di obbligazioni strutturate. Per riuscire a valutare la convenienza di un’obbligazione bisogna mettere in relazione quattro parametri.
Tutte le obbligazioni presentano in relazione a queste variabili alcuni tipi di rischi, il più comune di questi è il rischio derivante dall’emittente. Solo se esso rimane solvibile sarà infatti in grado di pagare gli interessi sul proprio debito e rimborsare il capitale alla data di scadenza. Il grado di affidabilità di un soggetto è misurato attraverso il rating.
Un altro rischio oggi comune nell’attuale contesto economico è il rischio di inflazione che attanaglia chi investe in titoli a reddito fisso. L’inflazione infatti è in grado di erodere il valore del capitale e degli interessi rendendo il profitto netto inferiore alle aspettative o addirittura negativo. Maggiore è la durata dell’obbligazione maggiori saranno le possibilità di compensare la variazione dell’inflazione nel corso del tempo.
Il terzo rischio particolarmente attuale oggi ma presente in generale su questo tipo di titoli è il rischio di tasso; la quotazione di un titolo oscilla infatti in base alla variazione del livello dei tassi di interesse. Quando i tassi salgono generalmente l’economia rallenta ma scende anche l’inflazione, in questo caso i prodotti a reddito fisso dovrebbero aumentare il loro rendimento. Solitamente e in generale maggiore è la vita dell’obbligazione maggiore sarà il loro rendimento.
Il miglior modo per investire in titoli a reddito fisso è farlo a partire dal loro duplice effetto; sul breve periodo stabilizza il rendimento del portafoglio mitigando la volatilità della componente azionaria. Sul lungo termine può compensare le fasi economiche recessive quando l’incertezza spinge gli investitori alla ricerca di questo tipo di asset. In alcuni contesti è possibile sfruttare le obbligazioni in valuta estera traendo profitto dalla forza del cambio. Se l’obbligazione è espressa da una valuta diversa dall’euro, per esempio quelle delle economie emergenti, si possono mettere in conto possibili guadagni derivanti dal rafforzamento e dalla conversione a scadenza della valuta.
Come regola generale, i rendimenti si muovono in modo contrario ai prezzi delle obbligazioni; con l’aumento dei tassi di interesse, i prezzi delle obbligazioni diminuiscono, viceversa quando i tassi di interesse scendono, i prezzi delle obbligazioni aumentano. Esistono strategie obbligazionarie consolidate che possono essere usate per raggiungere i propri obiettivi finanziari.
Costruire un portafoglio obbligazionario strutturato con scadenze consecutive e scalate. Questa tecnica di investimento offre il vantaggio di combinare tassi a lungo termine più elevati con liquidità a breve termine. Man mano che ogni obbligazione matura, i proventi vengono reinvestiti in una nuova obbligazione con una scadenza che corrisponde al termine più lungo del range temporale entro cui ci stiamo orientando. In questo modo è possibile ottenere in modo continuo i rendimenti più alti generalmente associati alle scadenze più lontane.
Per esempio un portafoglio strutturato con questa strategia può avere sei obbligazioni che pagano cedole semestrali di cui ognuna cade in un mese diverso e conseguenziale. La selezione di sei obbligazioni pagherà così interessi in mesi diversi creando un flusso mensile di reddito. A seconda delle condizioni di mercato, è possibile migliorare ulteriormente i rendimenti dei portafogli obbligazionari. Se l’aspettativa è quella che la curva dei rendimenti si appiattisca si può creare un portafoglio strutturato con obbligazioni a breve e a lunga scadenza. Gli investimenti a breve termine forniscono liquidità e meno rischi all’aumentare dei tassi. Tuttavia, quando i tassi iniziano a scendere, la parte lunga fornisce e compensa il potenziale di rendimento.
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