Quanto dura un mercato ribassista? Dal 1929 allo scorso anno l’indice S&P 500 ha registrato 26 fasi ribassiste.
In media ognuna di esse è durata dieci mesi e mezzo per un downtrend del 35,62%.
Quando il trend long rompe a ribasso gli investitori cominciano a vendere, innescando una tendenza più o meno regolare a ribasso. Questo accade in particolar modo se esistono spunti macroeconomici tali da giustificare la chiusura delle posizioni rialziste di lungo termine. Quando il mercato inverte la propria direzione, non è mai semplice comprendere quando e se è il caso di chiudere una posizione in acquisto.
Se il deterioramento dei fondamentali diventa evidente, questo spinge i trader a liquidare le proprie posizioni long o entrare a mercato allo scoperto. Riconoscere in tempo una fase orso è estremamente difficile. Non sempre, infatti, a un peggioramento dell’economia fa seguito una discesa dei mercati. Viceversa, una fase di ribasso può seguire a un rapido recupero e una ripresa della tendenza principale.
Da inizio anno lo S&P 500 ha perso il 18,6% e il Nasdaq il 27,8%. Per quanto riguarda la politica della Federal Reserve, l’aumento dei tassi che peserà nel breve termine sul sentiment ribassista. La Fed non si fermerà a meno che le azioni S&P 500 non scendano del 30%.
Questo è quanto dichiarano oltre mille fra gestori e trader interpellati nel sondaggio MLIV Pulse di Bloomberg. Il 47% di essi pensa che siano necessari condizioni eccezionali; la disoccupazione Usa dovrebbe arrivare dall’attuale 3,6 fino al 6%. Oltre a questo il 40% dei gestori prevede che lo spread tra le maggiori obbligazioni possa continuare a salire oltre i 250 punti base prima di un cambiamento nella politica monetaria.
In momenti come questo con i mercati a ribasso è necessario attendere e lasciare che il mercato possa scontare gli squilibri economici e l’incertezza internazionale. Solitamente anche i mercati a ribasso seguono una tendenza più o meno regolare; i ritracciamento ovvero le fasi fisiologiche a rialzo dovrebbero essere contenute entro il 45% della direzione principale della tendenza.
Una variazione significativa e improvvisa che non viene sostenuta da una price action con almeno tre onde a ribasso, denota un fenomeno di panico che potrebbe essere, invece, un segnale di acquisto. Storicamente i crolli di borsa non durano più di un anno e mezzo. Dopo 12-16 mesi dall’inizio della discesa è tempo di rientrare. Questo è valido soprattutto se la price action non trova conferma nei risultati di alcuni indicatori macroeconomici. Tra gli indicatori a cui prestare attenzione con una lettura congiunta e contestualizzata della price action ci sono:
Abbiamo visto che un ribasso duraturo dei mercati spesso non si accompagna con un panico dilagante. Al contrario la discesa è lenta e continua; gli investitori proiettano le aspettative scontando nel presente quelli che credono saranno i risultati economici futuri. Per questo motivo solitamente sia chi acquista che ci vende si muove sulle anticipazioni di ciò che succederà in base all’orizzonte temporale del suo investimento.
Per questo motivo è bene mettersi alla prova prima di investire; misurare la propria tolleranza al rischio, l’impulsività e la capacità di prendere decisioni razionali anche in momenti particolarmente emotivi.
Gli investitori tendono a sovrastimare la propria tolleranza al rischio alla fine di un periodo prolungato di rialzi, mentre la sottostimano dopo essere stati testimoni di importanti ribassi. In ogni circostanza è importante trovare il giusto compromesso tra il desiderio di guadagnare e non perdere un’occasione e la necessità di proteggere il capitale. In entrambi i casi il capitale a disposizione fa la differenza nel riuscire a conseguire con disciplina un piano di trading raggiungendo il proprio obbiettivo finanziario.
Nelle fasi di panico e in generale è sempre importante avere un portafoglio diversificato. L’asset allocation ideale nelle fasi ribassiste dovrebbe comprendere, beni rifugio come l’oro, l’immobiliare, il dollaro o lo yen. Titoli difensivi come le azioni di settori poco sensibili alla congiuntura economica. In special modo titoli ad alto dividendo cui è possibile rimanere investiti sul lungo periodo.
Sebbene una recessione negli Stati Uniti non sia lo scenario base, l’incertezza è molto alta e in aumento; il fatto che la Fed sembra orientarsi verso una recessione non è rassicurante. Secondo Citi esiste un potenziale ribassista anche su alcune materie, prime tra queste il rame. Più in dettaglio, per quanto riguarda gli Stati Uniti, a livello settoriale la banca consiglia di andare long su sanità e beni di consumo contro tecnologia e finanza. Citi confida anche nei Titoli di Stato cinesi, l’inflazione più bassa a causa dell’aumento dei tassi di interesse, può contribuire a una distensione dei mercati ma anche a una debolezza dell’azionario sul medio periodo. La situazione a livello di Covid in Cina sta migliorando, ma gradualmente. Il governo sta aggiungendo misure di sostegno, ma anche in questo caso le aspettative del mercato sono state deluse.
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