Potremmo anche insistere su quanto la cessione del credito sia sbloccata, ma quando la banca diffida non c’è storia.
Forse vi è speranza per quanti abbiano cominciato a loro tempo la pratica dei lavori 110 e siano rimasti impantanati attendendo il via libera per la cessione del credito. Una circostanza turbolenta le cui vittime non si contano: proprietari, condomini, società edili e intermediari.
Oggi, così sembrerebbe, qualcosa sembrerebbe muoversi. Sebbene la circostanza che la cessione del credito si sblocchi potrebbe non bastare qualora non faccia poi seguito una risposta effettiva dell’ente bancario.
Andiamo ad analizzare nei dettagli.
Se la banca non si fida, non arriva denaro. Una formula semplice.
La poca fiducia nel 110, e nella fattispecie nella cessione del credito a cui sarebbe spettato stimolarlo, è straripante. Sono tantissimi gli arresi in partenza, peggio ancora per chi il cantiere prima l’ha avviato e poi si è visto obbligato a sospenderlo. La ragione è sta nelle tempistiche impraticabili.
Prima di dare avvio a un cantiere occorre rispettare una serie step propedeutici che, specie nel nostro Paese a suon di burocrazia pigra e farraginosa, non sono per così dire fulminei. Poi si necessita di tempi tecnici per conseguimento e conclusione pratiche. Esempi:
Ci vuole il tempo che ci vuole e non solo. Successivamente nella fregola del 110 ciascuno di questi passaggi si è dilatato. In più:
Chi ne ha più ne metta.
Per provare a restare a galla e nelle tempistiche di consegna le società hanno:
ingaggiato personale;
preso in affitto o comperato depositi;
fatto investimenti in materiali;
studiato le disposizioni fiscali in costante aggiornamento;
pianificato interventi.
Tutto in vista del 110. Ma è stato sufficiente o si è rivelato controproducente? Il contesto parla chiaro: innumerevoli ditte edili rischiano il fallimento.
Errore strutturale. Il Superbonus è stato presentato come l’opportunità per ristrutturare casa gratis con il gioco della cessione del credito. Pubblicità attraente per molti, anche per quanti non avessero propositi sinceri.
La cessione del credito ha resistito con ordine solo inizialmente: per ciascuna azione conseguita e fatturata con sgravio, corrispondeva una cessione a Poste Italiane, Cassa depositi o altro ente bancario, senza troppi intoppi.
Quest’anno i margini alle cessioni del credito indirette hanno sospeso innumerevoli pratiche, anche su cantieri già aperti.
La bellezza di sette interventi legislativi si sono rincorsi a modificare l’iter. Nel mentre i contribuenti procedevano, cosi come le società. Sebbene non arrivassero i fondi della cessione dalla banca. I rubinetti sono stati sigillati.
In sintesi, la cessione del credito che avrebbe dovuto stimolarlo ha annientato il 110.
Recenti notizie potrebbero far sperare. Entro il 20 agosto sarà trasformato il Decreto Semplificazioni fiscali. Previsione probabile potrebbe essere l’annullamento del comma 3 dell’articolo 57 con l’esito che le variazioni attese dall’art. 14 saranno allargate a ciascuno dei crediti correnti all’interno della piattaforma cessioni dell’Agenzia delle Entrate. Ma sarà questa la via per crollare il muro di diffidenza degli enti di credito in materia di cessione del credito?
Non si contano le problematiche in quanto a capienza fiscale in un contesto in cui i costanti provvedimenti e rettifiche additive non fanno che accrescere dubbi, perplessità e carente stabilità.
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