Meglio la cedolare secca rispetto al regime IRPEF ordinario per quanto riguarda gli affitti? Vediamo come si calcola e se realmente conviene.
I locatari possono scegliere il regime fiscale agevolato della cedolare secca in via opzionale. Come previsto dal DLSG 23/2011 all’art.3 essi possono sceglierla sia al momento della stipula del contratto di locazione sia negli anni a seguire purché lo comunichino al locatore.
La cedolare secca si può applicare soltanto ai contratti di affitto residenziali compresi nelle categorie catastali che vanno dalla A1 alla A11 ad esclusione della A10. Possono sceglierla le persone fisiche che vantano un diritto reale di godimento su un immobile e i proprietari, inclusi anche gli affittuari.
La cedolare secca prevede una tassa piatta per i redditi prodotti da un contratto di locazione residenziale per cui viene considerata un’imposta che sostituisce l’addizionale IRPEF, l’aliquota IRPEF ordinaria e le imposte di bollo di registro. Le tasse da versare al Fisco per quanto riguarda gli affitti delle abitazioni vengono calcolate in due modi: per il contratto a canone libero con l’aliquota del 21% mentre per quello a canone concordato (3+2) si applica l’aliquota del 15%.
Per cui è chiaro che maggiore è il reddito sottoposto a tassazione IRPEF più aumentano i vantaggi fiscali della cedolare secca. C’è però da considerare che il reddito viene calcolato nel reddito complessivo per cui vi rientrano anche tutti i requisiti fiscali e reddituali utili ad avere detrazioni e agevolazioni.
Il locatore che vede applicata al contratto di affitto la cedolare secca con canone concordato è certo di avere il canone di affitto bloccato per tutto il tempo della locazione. Questo è in parte uno svantaggio per il locatario, che come previsto dalla legge non può aumentare i prezzi. Tuttavia entrambe le parti hanno diritto a delle agevolazioni fiscali.
Quando si fa la dichiarazione dei redditi con la cedolare secca essa viene applicata sul 100% del canone incassato mentre invece nel regime IRPEF, per i contratti a canone libero si dichiara il 95%.
Se si sceglie la cedolare secca anche il reddito totale sul quale va calcolato l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) prevede un valore più elevato che corrisponde al reddito personale più il 100% del reddito prodotto dalla locazione. Al contrario il regime IRPEF implica un valore che corrisponde al reddito personale più il 95% del reddito da locazione.
Da quest’anno per il pagamento con cedolare secca ci sono alcune novità . L’acconto può essere versato in un’unica soluzione se è minore di 257,52 euro o in due tranche se superiore o uguale a euro 257,52. Questo acconto va infatti calcolato sul 100% della tassa dovuta per i redditi riguardanti l’anno precedente assoggettati a cedolare secca. Va versato però solo se si supera la cifra di 51,65 euro.
Per quanto riguarda i termini per il pagamento i contribuenti dovranno provvedere al versamento della prima rata, pari al 40%, entro il 30 giugno e a quello della seconda, pari al restante 60%, entro il 30 novembre. Coloro che sono soggetti ad ISA versano invece il 50% a giugno e il 50% a novembre. Se si effettua il pagamento con il modello F24 bisogna inserire gli appositi codici tributo:
1840 per Cedolare secca locazioni – Acconto prima rata,
1841 per Cedolare secca locazioni – Acconto seconda rata o unica soluzione,
1842 per Cedolare secca locazioni – Saldo.
Abbiamo visto che la cedolare secca può essere vantaggiosa fiscalmente in alcuni casi, in particolare per quei locatori che dispongono anche di altri redditi con tassazione IRPEF. Risulta meno conveniente di altri regimi fiscali se non si hanno altri redditi derivanti dall’affitto di una o più unità abitative e quando si prospetta un aumento dell’inflazione nel tempo in cui il contratto di affitto rimane valido.
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