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Economia e Finanza

Buono fruttifero postale dal 1992 al 2022: quanto vale e come calcolarlo

Come si calcola il buono fruttifero postale e quanto vale uno fatto nel 1992: dettagli e particolari al riguardo, ecco cosa sapere

Soldi (fonte foto: Adobe Stock)

C’è sempre grande interesse da parte di molti, quando si affrontano argomenti e temi che riguardano l’economia a diversi livelli, tra cui una gran fetta di interesse è rappresentato da investimenti e risparmi: uno strumento molto diffuso è il buono fruttifero postale, ma come si calcola e qual è il valore di uno che risale al 1992?

Ad occuparsi di tale argomento, nel proprio approfondimento, è Investioreggi.it che replica alla richiesta di informazioni, circa il valore, da pare di un lettore, il quale spiega che una amica ha un buono fruttifero postale della serie Q, emesso in data primo febbraio del 1992 pari a 100 mila lire ed in scadenza al giorno primo febbraio 2022.  

In primo luogo, l’operazione da fare riguarda la conversione della somma dal vecchio conio, con 100 mila lire, si legge, che fanno 51,65 euro. Successivamente bisogna comprendere quali siano i tassi di interesse che sono applicati, e su Poste Italiane, sul sito, si può trovare lo storico dei buoni che sono stati emessi fino al 2022.

Rispetto al caso e al buono in particolare ed in questione in questo caso, si legge, vi sono cinque scaglioni: da 1° a 5° anno tasso di interesse dell’8%; 6° – 10° anno, 9%; 11° – 15° anno, 10,5%; 16° – 20° anno, 12%; 21° – 30° anno, 12%.

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Buono fruttifero postale: valore, calcolo interessi e rendimento netto reale

Un tema dunque che desta grande interesse, quello relativo al buono fruttifero postale, al cui riguardo in molti potrebbero chiedersi come calcolare e a quanto potrebbe ammontare un eventuale buono in possesso fatto anni prima. Ad occuparsi del tema, come detto, é Investireoggi che si occupa, in risposta alla domanda di un lettore, di un buono emesso nel primo febbraio del 1992 di 100 mila euro ed in scadenza nel primo febbraio del 2022.

Viene spiegato a tal riguardo che il calcolo degli interessi per i venti anni avviene mediate la capitalizzazione composta su base annuale. In seguito, la capitalizzazione diventa semplice; la differenza tra i due casi è che, nel primo, gli interessi maturano a loro volta interessi, mentre nel secondo ciò non avviene.

Considerando questo aspetto, il montante alla fine di ogni periodo, si legge, è il seguente:

  1. 51,65 euro x 1,08^5 = 75,89 euro;
  2. 75,89 euro x 1,09^5 = 116,77 euro;
  3. 116,77 euro x 1,105^5 = 192,37 euro;
  4. 192,37 euro x 1,12^5 = 339,01 euro
  5. 339,01 euro x 2,2 = 745,83 euro.

Per quanto riguarda la capitalizzazione semplice degli interessi al 12% annui fa 120% in dieci anni, quindi l’importo va aumentato di 2,2 volte.

La cifra di 745, 83 euro è al lordo dell’imposta del 12,5% dovuta agli interessi. Questi, si legge ancora da Investireoggi.it nel proprio approfondimento, sono pari alla cifra finale che si è ottenuta meno l’importo iniziale che si è investito.

745,83 – 51,65 euro = 694,18 euro. L’imposta che dovrà essere versata corrisponderà ad euro 86,77; quindi gli intessi ammonteranno ad euro 607,41 alla quale cifra va aggiunto il capitale iniziale. Il totale è di euro 659,06.

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Quanto si è moltiplicato dunque l’investimento fatto, in 30 anni? Il numero sottolineato da Investireoggi è 12,76 volte; con il redimento netto del 1.176% che corrisponde ad una media annua dell’8.8%. Intanto, l’inflazione cumulata dell’Italia si sarà aggirata all’incirca sul 75%, di poco inferiore a 1.9% annuo. In sostanza, si legge, il rendimento settore reale si rileva essere del 7%.

Ad ogni modo è importante ed opportuno che ciascuno approfondisca il tema e chiarisca ogni eventuale dubbio, così come aspetti e dettagli confrontandosi ed informandosi presso esperti del campo e del settore.

Dario Quattro

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