Perché farsi scappare gli interessi? I Buoni fruttiferi possono fruttare molto a patto che non ci si dimentichi di riscuoterli. Basta una scelta precisa per evitare il rischio.
Cartaceo oppure online? Un dubbio che ormai riguarda parecchie componenti della vita quotidiana. Si va dall’emissione (e il pagamento) delle bollette alle comunicazioni da parte degli enti. Ma anche gli stessi acquisti, sempre più spesso, vengono effettuati elettronicamente, con tanto di fatture telematiche. Addirittura i certificati medici, già da tempo, sono trasmessi per via telematica. Figuriamoci se il dubbio non può porsi per strumenti che, più di tutti, riguardano il denaro. O meglio, la sua conservazione e la sua rendita. I Buoni fruttiferi postali, infatti, rappresentano uno strumento a metà fra il risparmio e l’investimento. Stanziare una somma anche contenuta in un Buono, infatti, significherebbe ottenere un rendimento praticamente sicuro e, soprattutto, una garanzia di ferro come quella di Cassa Depositi e Prestiti. Non è un caso che, tutt’oggi, i Buoni fruttiferi risultino il prodotto di investimento preferito dagli italiani.
A questo proposito, non va dimenticata l’assenza di costi per l’apertura. Gli unici soldi necessari saranno quelli da immettere per l’apertura del prodotto, con tassazione agevolata sugli interessi del 12,50%. In pratica, investendo una somma di poche centinaia di euro, a tot anni si avrebbe un rendimento decisamente interessante. Le tipologie dei Buoni fruttiferi sono diverse e ognuna conveniente per alcune caratteristiche specifiche. Ad esempio, piuttosto gettonato è il Buono per i minorenni, valido fino al compimento dei 18 anni e, di fatto, la prima forma di gestione del denaro per i più giovani. Ma, al di là degli approcci alla finanza, una dicotomia essenziale sui Buoni riguarda la loro natura oltre che la loro tipologia. E, in questo senso, torna utile il dualismo di cui parlavamo sopra.
Imposta di Bollo su Buoni Fruttiferi postali, come si calcola? Ve lo diciamo noi
Buoni fruttiferi, la differenza fra cartacei e dematerializzati
Buoni fruttiferi cartacei o dematerializzati. Una possibilità di scelta figlia della società del Duemilaventi e che, in qualche modo, pone di fronte effettivamente a due vie distinte. Per quanto si tratte inequivocabilmente dello stesso prodotto, optare per l’una forma piuttosto che per l’altra porterebbe a risultati diversi. I Bfp cartacei possono essere considerati quelli tradizionali. In pratica, una volta aperto il Buono, verrà consegnato un titolo in forma cartacea, da conservare con cura fino alla data di scadenza. Oppure per usufruire di un rimborso anticipato. I Buoni fruttiferi dematerializzati assumono i connotati di una scrittura contabile, effettuata su conto di regolamento (anche il semplice conto BancoPosta). L’unica differenza, pur sostanziale, è nella modalità di rimborso. I Buoni dematerializzati, arrivati a scadenza, verranno accreditati direttamente sul conto corrente. Non ci sarà quindi bisogno che il titolare se ne ricordi e si presenti personalmente a riscuoterli.
Buoni fruttiferi postali, una scelta conveniente: ecco quali sono i vantaggi
Il vantaggio è uno e ben preciso: coi Buoni non cartacei non si correrà il rischio della prescrizione. Il possessore di un Buono tradizionale, infatti, dovrà recarsi alle Poste a riscuoterlo non oltre i 10 anni dalla scadenza. Un lasso di tempo ampio ma è pur vero che, se il titolo è stato dimenticato prima della scadenza, non è assolutamente detto che possa essere rammentato dopo. Meglio non scherzarci troppo quindi. Se il Buono non dovesse essere riscosso entro questo tempo, bisognerà rinunciare sia al capitale investito che agli interessi maturati. Entrambi convoglieranno nel fondo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, almeno per i buoni emessi nel 2021. Per quelli precedenti, il denaro non riscosso finirà direttamente al Mef.