In vista delle prossime elezioni del 25 settembre, è già chiaro che il Governo eletto avrà una brutta sorpresa pensioni.
I successori del Governo Draghi, che saliranno a Palazzo Chigi, dopo le elezioni del 25 settembre avranno diversi problemi da risolvere. Uno di questi riguarda l’elevato costo previdenziale che, attualmente, è uno dei più alti d’Europa.
Per il prossimo anno è già stato previsto che l’incidenza della spesa per le pensioni sul prodotto interno lordo farà registrare una crescita dal 15,7% al 16,2%.
Con il tasso di inflazione che galoppa a ritmi impressionanti e la crisi economica che devasta imprese e famiglie, c’è il serio rischio di andare incontro alla chiusura di numerose attività. Come conseguenza di un eventuale chiusura delle attività produttive ci sarebbe un minor gettito contributivo.
Insomma, la situazione in merito alla questione previdenziale farà una “brutta gatta da pelare” per il prossimo Governo.
Brutta sorpresa pensioni: le riforme promesse non sono cose semplici da attuare
In fase di campagna elettorale le forze politiche di centro-destra hanno più volte parlato di una presunta riforma previdenziale, che avrebbe lo scopo di superare definitivamente la legge Fornero, attualmente in vigore.
In questa settimana abbiamo più volte sentito Giorgia Meloni invitare i tuoi alleati, Silvio Berlusconi Mattia Salvini, a ridimensionare le loro promesse in merito ad una possibile riforma del sistema previdenziale.
Il Cavaliere ha promesso un incremento delle pensioni minime a €1000. Salvini, invece, vuole confermare quota 41 ed eliminare definitivamente la riforma Fornero.
Ma la verità è che, al di là delle promesse fatte, nessuno dei due leader politici ha spiegato in che modo intende finanziare le riforme pensionistiche. In pratica, né Berlusconi né Salvini, hanno offerto spiegazioni sulle risorse economiche necessarie per attuare le loro proposte.
Il rischio previdenziale
In effetti, in merito all’argomento previdenziale ci sono diversi fattori da prendere in considerazione e uno di questi riguarda l’inflazione alle stelle. In vista del 2023 è già prevista una rivalutazione degli assegni. Questa sarà molto pesante rispetto agli altri anni, proprio in virtù del tasso di inflazione.
Inoltre, gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo dovranno essere adeguati al 100%. Mentre gli importi superiori a 5 volte il minimo dovranno essere adeguati alle 75% del tasso di inflazione.
Anche se nel mese di agosto il tasso di inflazione ha subito un arresto, gli analisti prevedono il superamento del 8%. Nel caso in cui il tasso dovesse ulteriormente crescere, oltre la suddetta soglia, l’INPS si farà carico di un costo pari a 25 miliardi di euro.
Considerando che le previsioni iniziali erano inferiori rispetto alla cifra sopraindicata, l’istituto previdenziale dovrà affrontare un costo di circa 10 miliardi in più.
Il rischio è che il prossimo Governo si troverà con un enorme voragine di risorse economiche, fin dai primissimi giorni. E dunque il compito dell’esecutivo eletto dagli Italiani sarà quello di trovare le risorse necessarie per coprire la perdita di mezzo.
Senza dimenticare che la processo della rivalutazione delle pensioni è un fenomeno automatico e obbligatorio. Dunque, è evidente che, al nuovo Governo non rimarrebbero più sufficienti risorse per attuare l’aumento delle pensioni minime, promesso da Berlusconi, e quota 41, promessa da Salvini.