Ieri Wall Street ha chiuso in rialzo una sessione molto volatile, tra stress test superati dalle banche, guadagni diffusi tra i titoli difensivi e cali su quelli del comparto finanziario, industriale ed energetico.
Nello specifico gli investitori scommettono sulla capacità delle banche centrali di ridurre l’inflazione, con un sentiment negativo sulla crescita che si sconta sul prezzo delle materie prime.
Crescono i timori di una possibile recessione scontandosi a ribasso su metalli e petrolio. Il rame arretra del 4,5%, ai minimi da 16 mesi. Giù del 2,67% anche l’alluminio e dell’1,7% il nickel. I future sul petrolio Wti perdono l’1,8% al Nymex, arrivando a un prezzo di 105 dollari. Si muove in modo simile il Brent sotto quota 110 dollari.
In Asia i listini avanzano; in particolare il Nikkei guadagna 1,25% nonostante il dato di questa notte sull’inflazione del Giappone, misurato dall’indice dei prezzi al consumo, è salito ai massimi di 7 anni.
Negli Stati Uniti il presidente Joe Biden assieme al Segretario all’Energia Jennifer Granholm hanno tenuto un incontro d’emergenza con le maggiori compagnie petrolifere. L’obbiettivo della riunione è pianificare una strategia per compensare le ricadute economiche dei prezzi dell’energia.
Si conferma un momento tutto sommato di attesa sui mercati; sullo sfondo restano infatti numerosi elementi di tensione che caratterizzano questo periodo. In particolare, il conflitto in Ucraina e la stretta monetaria delle banche centrali con il rischio di scivolare in una recessione. Mentre i rendimenti dei Titoli di Stato Usa scendono ai minimi da due settimane arriva l’esito positivo sugli stress test del comparto bancario USA.
Secondo la Fed le banche del Paese “Continuano ad avere forti livelli di capitalizzazione che consentono loro di continuare a fare prestiti alle famiglie e alle imprese.” I rendimenti obbligazionari in Europa e negli Usa continueranno a essere alti, un’inversione è difficile prima di settembre, considerata l’evoluzione incerta della situazione internazionale. Nel frattempo, assisteremo a un mercato obbligazionario altalenante finché non ci saranno dati macroeconomici che mostreranno una diminuzione dell’inflazione e una crescita indebolita entro i limiti costruttivi dell’intervento.
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