Le istituzioni in campo per sostenere quella fetta di popolazione che si sta trovando più in difficoltà ovvero i giovani e le donne.
Significativi sussidi statali sono messi a disposizione sia per i giovani che per le donne svantaggiate, le istituzioni hanno previsto veri e propri bonus per questa fetta di popolazione che spesso si ritrova in difficoltà sia a livello lavorativo che economico. Fortunatamente questi strumenti si stanno rivelando particolarmente utili, perché richiedono un incremento occupazionale netto e risultano compatibili con la maggiorazione del costo ammesso in deduzione. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, così da capire perché se ne discute.
Ad esempio per quanto riguarda il Bonus Giovani, questo prevede un contributo massimo di seicentocinquanta euro mensili solo in alcune regioni d’Italia ovvero Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna mentre in tutte le altre la soglia è abbassata a cinquecento euro mensili, sempre per ventiquattro mesi. Importi simili per il Bonus Donne, ancora seicentocinquanta euro per ventiquattro mesi – anche qui, come nel caso dei giovani, vanno esclusi i premi e i contributi INAIL.
È l’articolo 22 del decreto Coesione (il decreto legge numero 60 del 2024) che ha ufficializzato il Bonus Giovani, all’interno viene confermato l’esonero contributivo del cento per cento per i datori di lavoro privati che assumano under 35 a tempo indeterminato oppure che trasformino contratti a termine in contratti stabili, sempre nel periodo indicato che va dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025. Gli importi del contributo variano a seconda della regione e vanno dai 500 ai 650 euro mensili per 24 mesi (esclusi premi e contributi INAIL).
Sia per il Bonus Giovani che per il Bonus Donna (dettagliato invece nell’articolo 23 dello stesso decreto) non vengono presi in considerazione né i contratti di lavoro domestico né quelli di apprendistato. In questo secondo caso le imprese dovranno aver assunto lavoratrici da almeno sei mesi per accedere all’esonero contributivo.
Queste però dovranno risiedere nelle regioni della Zona Economica Speciale unica del Mezzogiorno, operare in settori con elevate disparità occupazionali di genere – questi sono specificati ogni anno in elenco da decreto ministeriale – oppure non avere ottenuto un impiego retribuito da almeno ventiquattro mesi (senza il limite della residenza, che decade in automatico). Il contributo spettante, anche qui, è di 650 euro mensili.
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