Roma, Milano e le città di tutta Italia sono diventate un enorme cantiere grazie ai bonus edilizi. Sono tuttavia 2,3 i miliardi sequestrati dai finanzieri negli ultimi mesi.
I proprietari immobiliari si sono affrettati a sfruttare i generosi incentivi del governo, finanziando ristrutturazioni ed efficienza energetica degli edifici.
I funzionari italiani hanno rivelato una tra le più grandi truffe che la Repubblica abbia mai visto, ad affermarlo è stato il ministro dell’Economia Franco, in relazione agli illeciti emersi dai controlli dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Le cifre delle frodi ammontano a 4,4 miliardi di euro con sequestri per 2,3 miliardi. I controlli sono oggi molto più selettivi e mirati in base a un coefficiente di rischio.
Le attività tributarie, le verifiche antimafia, le ispezioni antiriciclaggio e le banche dati sono gli strumenti a cui si farà riferimento per cercare di intercettare i tentativi di frode sulla cessione dei crediti d’imposta. Erogando le agevolazioni dei vari bonus edilizi varati dal governo per sostenere la ripresa, sono stati sottovalutati gli aspetti tecnici, edilizi o energetici che caratterizzano l’intervento.
Ma soprattutto c’è quello che riguarda l’erogazione del Superbonus: un conto è vendere un credito fiscale dopo essersi pagati i lavori di tasca propria e un altro è farsi fare un prestito garantito con il credito che sarà erogato dopo i lavori.
Superbonus e bonus edilizi: altre proroghe, non solo la cessione del credito
L’articolo 119 di quel decreto ha introdotto la generosissima possibilità di ristrutturare la propria casa gratuitamente, recuperando il 110% di quanto speso. Per ottenerlo il comma 11 impone di presentare il visto di conformità rilasciato da un commercialista o consulente lavoro, nonché la certificazione della congruità delle spese sostenute. Un doppio livello di controllo che limitato notevolmente le frodi su questo incentivo, pari solo al 3% del totale.
La maggior parte sono infatti avvenute sugli sgravi a partire dal bonus facciate, per i quali la legge del 2020 non prevedeva alcun controllo preventivo. La maggior parte degli interventi coperti dal bonus non richiedeva particolari caratteristiche tecniche o certificazioni e asseverazioni. Unica condizione ostativa era che le modifiche fossero visibili da strada e che l’edificio non si trovasse in periferia. Nessun tetto di spesa e nessuna certificazione da esibire tranne che per le spese di riqualificazione energetica.
Il governo sta ora cercando di risolvere il problema inasprendo le regole, ma il danno è in parte irrecuperabile. La corsa ai finanziamenti ha portato a un improvviso aumento della domanda che rischia di accelerare ulteriormente l’inflazione. Questo si è scontato sui i prezzi dei materiali e delle attrezzature edilizie aumentati di cinque volte in alcuni casi. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani è intervenuto con un decreto per limitare i prezzi dei materiali e delle attrezzature per i lavori, come ponteggi e riscaldatori.
Superbonus e Bonus edilizi: i prezzi del nuovo allegato ‘A’ non coprono i costi reali
Una vera e propria corsa all’oro. L’impatto è stato così diffuso che circa l’1% della crescita del 6,5% del Pil del 2021 è relativo al settore delle costruzioni.
L’uso improprio non riguarda naturalmente tutti gli interventi. Sono infatti 100.000 edifici che a fine gennaio hanno sfruttato il credito del 110%, per un totale di 20 miliardi di euro. In un caso simile, la Germania ha contrariato i suoi cittadini, interrompendo bruscamente un programma di finanziamenti analogo riguardante l’efficienza energetica. Questo ha esposto finanziariamente i proprietari di case che avevano già avviato o programmato l’inizio dei lavori.
Nel caso italiano il problema maggiore nella gestione riguarda il credito d’imposta. Questo poteva essere trasformato immediatamente in contanti presso banche e altre istituzioni finanziarie, quindi scambiato a tempo indeterminato senza tracciamento. Il governo è intervenuto per la prima volta a gennaio, vietando la negoziazione dei crediti d’imposta dopo il primo trasferimento. Questo ha bloccando sostanzialmente il sistema e spinto banche e intermediari come Poste Italiane e Banco BPM a smettere di accettarli.
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