Analisi delle novità senza peli sulla lingua, anche perché “la legge è dura, ma è la legge”, per cui che piaccia o no, il bonus casa verrà modificato ampiamente.
Cosa rattrista i cittadini? La possibilità di perdere occasioni di risparmio. Le cifre in questione non piacciono, specialmente a chi in un sogno della casa ci sta investendo con tutto sé stesso. Il Bonus in questione potrebbe cambiare faccia, e assumerne una che per niente si addice ai tempi che corrono. Aumento continuo del livello dei prezzi, salari e pensioni bloccate, e un clima di insofferenza difficile da gestire.
Si parla ancora una volta dello sconto del 50% sulle ristrutturazioni, ma chi ne potrà davvero usufruire? È proprio qui che si determina il maggior cambiamento, perché si conferma che secondo la nuova logica a rimetterci saranno tante persone. A parlare, o meglio a consolidare il cambiamento, è la Legge di Bilancio del 2025. Essa prevede al comma 55 dell’articolo n. 1, che si ha diritto a una detrazione del 50% delle spese nel 2025, mentre solo del 36% nei due anni successivi, 2026 e 2027. Fondamentale è godere di diritti reali di godimento o proprietà.
Infatti, se la dimora è locata o data in comodato, l’agevolazione di riduce di molto se va al 36%. Sia l’inquilino che il comodatario non hanno un diritto reale sulla casa, e il proprietario non ha né residenza, né tantomeno domicilio abituale nella casa. Per cui non è quella principale. Ma nel concreto cosa cambia? Cosa succede a chi non ha fatto il rogito?
Chi starebbe trattando il rogito, potrebbe invocare il possesso di un diritto reale se ha fatto trascrivere il compromesso, anche perché la semplice registrazione di un atto tra privati, non basta. In ogni caso, l’immobile non è la casa principale. Per Assoedilizia, associazione che tratta i proprietari edilizi milanesi, chi fa lavori prima del rogito, potrebbe avere una chance nel consolidare il Superbonus. L’Agenzia delle Entrate ha dato l’ok alla scontistica, grazie alla circolare n. 13/E/2023.
Ci sono dei veri e propri tagli sulle agevolazioni sia per redditi oltre i 75 mila che per quelli fino a 100 mila euro. Da 14 mila nel primo caso, si scende a 8 mila euro nel secondo tetto di spesa. Non rientrano nel calcolo le spese sanitarie, gli investimenti in start-up, e le Pmi innovative. Ma anche gli interessi passivi sui mutui, premi assicurativi legati ai contratti firmati entro il 2024 e le stesse spese per azioni di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli immobili.
E se oltre al reddito elevato, si trattasse di una persona senza figli? Le due somme potrebbero essere ridotte ancora del 50% senza figli. Solo del 30% se c’è un figlio, del 15% se sono due, ma se ce ne sono 3 o un invalido grave, il plafond rimane integro. Il calcolo è però svolto sulla spesa detraibile, non quella ottenibile.
Ipotizzando un cittadino in questa condizione che vuole fare la ristrutturazione di 80 mila euro ponendola sulla Dichiarazione dei redditi della primavera 2026, non potrà avere 4 mila euro, ma solo 3500 euro. Questo perché la spesa totale è ripartita in 8 mila euro per 10 anni, appunto è la spesa detraibile. Dato che il tetto nel caso del nostro esempio è di 7 mila euro, il contribuente perderà le detrazioni calcolate sui 1000 euro in eccesso, ottenendo di meno.
La cifra di cui usufruire potrebbe abbassarsi e peggiorare la situazione in atto. La perdita del beneficio non è il massimo, proprio per questo si ufficializza chi potrà averlo senza problemi, ma soprattutto quali potrebbero essere gli ulteriori inconvenienti che subentrano. Tutto è determinato dalla Legge di Bilancio del 2025, se dice di no ad alcune voci, stop alle detrazioni più convenienti.
Niente parcella all’agenzia immobiliare per comprare casa o spese come quelle delle onoranze funebri, ci sono grossi nuovi limiti. Ma c’è anche un problema da non sottovalutare, quello delle parti comuni. Infatti, la normativa non dichiara se le pertinenze siano assimilate alle abitazioni con cui sussiste il legame pertinenziale rispetto l’agevolazione del 50% o se si tengono in conto immobili diversi e c’è il 36%.
Riprendendo ancora quanto definito da Assoedilizia, agli amministratori converrà sospendere le votazioni di delibere di spesa fino al momento in cui l’ADE lo chiarirà. Per i condomini i problema è che le delibere sui lavori delle parti comuni, rischiano di diminuire ancora di più, poiché i condomini non riusciranno ad avere la detrazione piena. Difficilmente ci sarà l’ok per lavori non indispensabili. Quindi, ci sarà una probabile riduzione dei lavori.
In conclusione, possono ottenere il bonus casa solo coloro i quali siano titolari di un diritto reale, come la proprietà, la nuda proprietà, o l’usufrutto con tanto di residenza. Ma anche chi ha un reddito complessivo IRPEF non maggiore o entro i 75 mila euro. Ed infine, i lavori di riqualificazione devono trattare l’unità immobiliare e non le parti in comune dell’edificio. Se non ci sono questi elementi, si può avere solo il 36% dello sgravio fiscale.
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