In Italia, pagare le tasse sui Bitcoin posseduti è assai complicato. Lo scenario normativo non chiaro prospetta grandi vantaggi (illeciti).
Lo spazio che separa dolo e colpa corrisponde questa volta alla zona grigia. L’Italia non si è dotata di una normativa fiscale adeguata per quanto riguarda le criptovalute. Non è stata approvata dal legislatore nessun provvedimento ad hoc. L’Agenzia delle Entrate alcune sentenze dei tribunali sono le uniche fonti del diritto al riguardo.
Inutile dire che le “interpretazioni” al riguardo sono proliferate: una manna per evasori, o sarebbe meglio dire elusori, più o meno inconsapevoli. Le irregolarità fiscali che riguardano i Bitcoin sono poco tracciabili, poiché essi si scambiano privi di intermediazione su piattaforme dalla dubbia provenienza e in pressoché totale anonimato.
Per gli investitori onesti, per i quali è difficile o impossibile conoscere gli adempimenti fiscali dovuti, il rischio è di finire annoverati assieme alla categoria sopracitata. Con la crescita del valore di quotazione dei BTC e delle altre crypto, le prassi si stanno consolidando. Ovviare all’incertezza è possibile.
Facciamo ordine nella frammentata disciplina di tassazione delle criptovalute.
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Bitcoin, la terra di nessuno fiscale?
Secondo la disciplina dell’Agenzia delle Entrate (nelle sue sedi regionali di Lombardia e Liguria, tra l’altro) le criptovalute devono essere equiparate in tutto e per tutto agli investimenti in valuta estera con corso legale. Questo vale soprattutto per i Bitcoin che, essendo i più diffusi e riferibili a caratteristiche precise, presentano una disciplina più chiara in tal senso.
Le sentenze della Corte di Giustizia Europea del 2015 e del Tar del Lazio del 2020 hanno ulteriormente chiarito il modus operandi per commercialisti, legali, finanzieri e investitori. Per essere in regola con il fisco, è necessario indicare il valore delle criptovaluta posseduta nella dichiarazione dei redditi nel “Quadro RW” e versare un’imposta sui redditi del 26% quando si ottengono plusvalenze.
Le imposte sulle plusvalenze vanno corrisposte soltanto se il valore della giacenza media annuale è maggiore rispetto alla cifra di 51.645,69 euro.
Dunque, è evidente che degli obblighi fiscali siano stabiliti per i possessori di Bitcoin. Va ricordato, inoltre, che questo quadro normativo presenta valenza retroattiva, dunque è necessario per tutti mettersi in regola per non avere problemi con il fisco. É necessario procedere al cosiddetto “ravvedimento operoso”.
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L’apparente semplicità della normativa, cela l’inganno. Le specificazioni sono poco dettagliate, variano a seconda dei casi e sono frutto di sintesi. Potrebbero essere modificate in un futuro prossimo, con la diffusione sempre maggiore delle criptovalute. I furbetti sono avvisati.