L’informazione giornalistica tende spesso a giustificare le variazioni dei prezzi nei mercati finanziari con gli ultimi eventi occorsi sul piano economico. Tuttavia correlazione non significa causalità.
Il prezzo del Bitcoin continua il suo ciclo derivante dalla fase di distribuzione, dopo che il suo prezzo dai 59.000 dollari era definitivamente crollato a inizio maggio fino 33.200 dollari.
Tuttavia l’informazione giornalistica continua ad associare l’andamento laterale dei prezzi della regina delle criptovalute, che naturalmente è fatta di rapidi alternarsi di rialzi e ribassi in una stretta congestione di prezzo, entro cui rimane per ora confinato, a notizie che dovrebbero già essere state scontate nel sentiment degli investitori e che in situazioni normali non potrebbero continuare a causare la stessa reazione.
Il valore medio del Bitcoin e la stretta normativa del governo cinese
Il Bitcoin continua a scambiare a un prezzo medio che si aggira intorno ai 36.500 dollari ormai da più di due settimane, in questi giorni si è ripetutamente giustificato il suo andamento dal punto di vista macroeconomico, con le dichiarazioni del governo cinese, che a partire dal 18 maggio scorso per voce delle tre maggiori istituzioni finanziarie del Paese, la China Internet Finance Association, la China Banking Association e la China Payment and Clearing Association, ha dichiarato che il Bitcoin e il mercato delle criptovalute sarebbe completamente privo di valore e fonte di pericoli per la sua stabilità economica e finanziaria. Da allora in poi, in modo coerente la Cina ha continuato ad agire nel rispetto delle nuove regole nel paese, tagliando fuori in modo progressivo le criptovalute dalla possibilità di essere utilizzate come forma di pagamento alternativo.
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La strana influenza sul prezzo del Bitcoin delle notizie delle ultime settimane
Questo significa che presumibilmente a partire dalla dichiarazione ufficiale, la notizia sarebbe dovuta essere scontata sulla percezione del valore del Bitcoin, rappresentativo di circa il 60% dell’intera capitalizzazione del mercato delle criptovalute, non potendo più essere influenzato a ripetizione da azioni minori e particolari circoscritte all’interno della stessa dichiarazione. L’ultima in ordine temporale è quella dell’Agricultural Bank of China, la terza più grande banca della Cina in termini creditizi, che ha pubblicato una dichiarazione ufficiale, cancellata poco dopo, nella quale affermava che i conti dei suoi clienti che svolgevano contestualmente attività di trading sulle criptovalute, sarebbero stati chiusi in ottemperanza alle ultime normative nel Paese. Il risultato è un crollo delle quotazioni avvenuto nel giro di qualche minuto.
La proporzione tra i trader retail e quelli istituzionali presenti su Coinbase, il più grande exchange di criptovalute in termini di volumi, era rispettivamente di 120 e 215 miliardi di dollari. Se questi eventi avessero realmente una relazione causale, ci troveremmo difronte alla possibilità di un asset così speculativo da non riuscire allineare in nessun modo la percezione del valore tra gli operatori retail, immersi in una verità post fattuale sul valore e il potenziale della criptovaluta, continuamente rimessa in discussione da eventi che non sono in grado materialmente di influire sul suo valore.
Venditori e acquirenti starebbero a questo punto scambiandosi un bene il cui valore risulta così incerto e soggettivo che nella realtà economica, in modo molto simile a quello che avvenne in Olanda nel 1637 con la ‘Bolla dei tulipani’, non avrebbe proprio alcun valore.
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I trader abbandonano gradualmente gli investimenti sul Bitcoin
Nell’ultimo mese la tendenza sul Bitcoin è il risultato di una continua riduzione negli acquisti, diminuiti almeno di 12 miliardi di dollari, contestualmente alla chiusura di almeno 800.000 wallet sui principali exchange e alla crescita nelle liquidazioni delle posizioni, che sembrano aumentare tanto più il suo momentum non riesce a sostenere l’interesse degli investitori, abituati ormai a trend long vertiginosi, preferendo asset che hanno avuto performance migliori in termini di continuità, come le commodity e il mercato azionario.
A questo proposito, venerdì scorso la Federal reserve per voce di Jerome Powell ha cercato di calmierare le turbolenze nei mercati finanziari e obbligazionari, intervenendo sulle paure dell’inflazione facendo intendere un possibile intervento di politica monetaria restrittiva, atta a diminuire gli aiuti economici in termini di acquisti di titoli di stato e asset correlati.
Gli acquisti effettuati a un ritmo di 120 miliardi al mese saranno diminuiti gradualmente al fine di riportare gli effetti degli aiuti economici sui prezzi dell’economia reale, portando di conseguenza un aumento sui tassi di interesse sui titoli di stato almeno fino al 2023.