BCE annuncia l’inizio dell’aumento dei tassi; le Borse europee e quella americana hanno chiuso venerdì in forte perdita, con Piazza Affari peggior listino d’Europa.
Le decisioni dell’istituto di Francoforte si riverberano anche sullo spread, penalizzando soprattutto il comparto bancario: Bper ha chiuso a -12,92%, Banco Bpm a -12,05%, Intesa Sanpaolo a -7,38%, Mediobanca a -6,59%, Unicredit a -9,1%.
Con uno spread arrivato intorno ai 230 punti base vola il rendimento del Btp decennale che termina la seduta al 3,85% ai massimi da ottobre 2014.
La notizia più incisiva dal punto di vista macroeconomico è quella sull’inflazione Usa, cresciuta il mese scorso all’8,6% su base annua, ai massimi di 40 anni e oltre le attese degli analisti. La prossima riunione della Federal Reserve è in programma per mercoledì 14 giugno. Gli investitori temono che l’inflazione elevata possa costringere la Banca centrale Usa a inasprire la stretta monetaria. Alla fine della scorsa settimana infatti il segretario al Tesoro Usa Janet Yellen davanti alla Camera dei Rappresentanti ha sottolineato che l’attuale inflazione all’8,6% è inaccettabile per gli Stati Uniti.
BCE annuncia il primo aumento dei tassi: quali sono le prospettive per l’economia nei prossimi mesi?
Negli Stati Uniti i prezzi energetici sono cresciuti del 3,9% e quelli alimentari sono saliti dell’1,2%. Il Dipartimento del Lavoro ha dichiarato che l’aumento dei prezzi ha interessato tutti i settori, con contributo maggiore di benzina e alimentari. Per quanto riguarda l’euro nei prossimi mesi, potremmo assistere a ulteriori ribassi, influendo sul costo delle importazioni e sulle ricadute del prezzo di alcuni beni. In particolare, le pressioni inflazionistiche saranno anche qui guidate dal prezzo dell’energia.
Il Brent viaggia stabilmente sopra i 120 dollari al barile. Oggi il settore energetico si trova sottoposto a una duplice sollecitazione; da un lato ci sono le ricadute sul prezzo dopo le sanzioni alla Russia, dall’altro proseguono i timori degli investitori che scontano il sentiment per il ritorno a pieno regime della domanda proveniente dalla Cina. Quando il Paese si riprenderà economicamente, il Brent potrà avvicinarsi a 200 dollari al barile. A oggi non ci sono elementi oggi per pensare a un raffreddamento del prezzo delle materie prime. Tutto il dibattito focalizzato sulla domanda, ha tralasciato l’elemento centrale che può raffreddare l’inflazione, ovvero l’aumento della capacità produttiva.