Il mito della sfida con il mercato: non si batte, si perde spesso. Le dinamiche sono ben spiegate nel saggio dell’economista Burton Malkiel
Molti investitori vogliono battere il mercato, cercando strategie di trading che possano garantire rendimenti superiori alla media. Certo, è il sogno di tutti, decantato dai guru sui social, sui forum dove tutti sembrano avere un’arma in più rispetto all’altro.

Tuttavia, secondo Burton Malkiel, economista e professore dell’Università di Princeton, questa convinzione è assai pericolosa, e spesso porta a decisioni finanziarie nettamente sbagliate. Nel suo libro A random walk down wall street, Malkiel spiega perché battere il mercato in modo sistematico è quasi impossibile e perché i fondi indicizzati rappresentano spesso la scelta migliore per gli investitori.
Consigli d’oro nel contesto odierno dove investire sembra una gara al più furbo: ci dispiace dirvi che non è il più furbo a vincere, ma il più temprato. Vi mostriamo tutte le tecniche riassunte nel libro.
A random walk down wall street: Burton Malkiel dà una lezione fondamentale
“A random walk down wall street” di Burton Malkiel è un classico della letteratura finanziaria che ha plasmato la comprensione delle dinamiche relative agli investimenti di mercato. Fu pubblicato per la prima volta nel 1973, molto apprezzato da analisti ed esperti, spiegava come i mercati azionari fossero fondamentalmente efficienti e che tentare di battere il mercato sarebbe stato un mero gioco da sciocchi.

Il saggio di Malkiel sostiene che ciò che ad oggi potrebbe sembrare scontato e poco furbo, invece dovrebbe essere sempre tenuto a mente: i prezzi delle azioni incorporano tutte le informazioni disponibili, rendendo impossibile per gli investitori ottenere rendimenti superiori al mercato. L’idea è nota come ‘ipotesi dei mercati efficienti (EMH)’.
L’ipotesi dei mercati efficienti (EMH) nel saggio di Malkiel
Secondo l’EMH, i mercati azionari sono così efficienti che è impossibile prevedere i movimenti dei prezzi delle azioni basandosi su informazioni pubblicamente disponibili, e che invece queste ultime di solito vengano seguite solo da chi di trading ne sa poco. Certo, una posizione molto estrema, ma vediamo nel dettaglio i perché di questa teoria.
Immaginando ad esempio di voler acquistare azioni di una società che ha appena annunciato un nuovo prodotto innovativo. In questo caso, se tutte le informazioni di prodotto sono già disponibili pubblicamente, e fanno ping pong tra un sito di informazione e l’altro, raggiungendo social e forum, allora il prezzo delle azioni avrà ovviamente già incorporato questi dati, rendendo così difficile riuscire ad ottenere un rendimento superiore al mercato semplicemente investendo acquistando le azioni stesse.
Ciò perché, se questa informazione è già nota agli investitori, il prezzo dell’azione è già aumentato di conseguenza. Acquistare in quel momento non garantirà più un profitto extra perché il valore attuale riflette già le aspettative del mercato. In questo senso, Malkiel critica le strategie di stock picking e market timing, sostenendo che sarebbero sostanzialmente inutili.
La critica all’analisi tecnica e fondamentale
In secondo luogo Malkiel ha anche esaminato le limitazioni delle analisi più tecniche e fondamentali che servono a prevedere i movimenti dei prezzi sui grafici e la salute finanziaria delle società. Strategie necessarie, ma che al tempo stesso non possono essere assolute perché hanno difetti.

Spesso le analisi tecniche e fondamentali portano ad errori di sovrastima delle variabili per via dell’euforia del mercato: società che sembrano avere una crescita enorme e che poi si rivelano frutto di un trend che alla base non aveva solidi fondamenti finanziari. Le bolle finanziarie in questi casi sono sempre dietro l’angolo.
Il problema del trading attivo: guadagni ridotti e costi elevati
Molti investitori cercano di battere il mercato attraverso il trading attivo, ovvero comprando e vendendo frequentemente per capitalizzare sui movimenti dei prezzi. Malkiel dimostra che questa strategia ha due problemi principali spesso non presi abbastanza in considerazione: da un lato, ogni operazione ha un costo, sia in termini di commissioni pagate ai broker sia in termini di tasse sulle plusvalenze, e nel lungo periodo questi costi erodono i guadagni.
Dall’altro, anche i migliori analisti possono sbagliare, e spesso il tentativo di anticipare il mercato porta a decisioni emotive. Il panic selling fa comprare a prezzi in rialzo e vendere subito dopo il primo calo: una delle trappole più comuni del trading attivo.
La soluzione di Malkiel: i fondi indicizzati
Nel saggio in questione, l’economista spiega che gli investitori farebbero meglio a mettere i loro soldi in fondi indicizzati a basso costo che replicano l’andamento di un indice di mercato, come l’S&P 500, come una valida alternativa al trading attivo.
Questi strumenti hanno diversi vantaggi, tra cui costi bassi, poiché non essendoci una gestione attiva, le commissioni sono ridotte a differenza del trading attivo; ma anche diversificazione, perché investendo in un intero indice si riduce il rischio associato alle singole azioni.
Per gli investitori individuali, il consiglio prezioso di fondo è quello di mantenere le cose semplici, minimizzare i costi e non cercare di battere il mercato. Questo approccio può aiutare a massimizzare i profitti e minimizzare le perdite in un mercato sempre più complesso e dinamico, con risultati nel lungo termine.