Basta con gli sciacallaggi, ci sono solo 30% di probabilità che il crollo dei mercati peggiori: cosa sta succedendo davvero?

Un ragazzo studia 127 anni di mercati e trova un dettaglio che oggi nessuno sta considerando. Il crollo in corso potrebbe essere solo all’inizio? I dati non rassicurano. Il Dow Jones perde il 12% da inizio anno, ma c’è una percentuale che fa riflettere. Una storia vera, fatta di numeri e intuizione.

A volte basta un’intuizione. Un dubbio che si insinua, magari mentre sfogli per caso un grafico impolverato trovato online. Luca, 26 anni, studente appassionato di mercati finanziari, non è un economista di professione.

Grafico dei mercati che crollano
Basta con gli sciacallaggi, ci sono solo 30% di probabilità che il crollo dei mercati peggiori

Ma ha una curiosità fuori dal comune e una passione concreta: analizzare le serie storiche dei mercati americani dal 1898 ad oggi. Mentre molti guardano i titoli del giorno, lui si è immerso nei numeri del passato, cercando di capire se quello che stiamo vivendo in questo 2025 così traballante ha dei precedenti.

È cominciato tutto per gioco, nel tempo libero tra una lezione e l’altra. Poi quei numeri hanno iniziato a parlare. Curve che si assomigliano, percentuali che ritornano, pattern che sembrano ripetersi. E alla fine, una domanda semplice ma potente: quanto è probabile che il ribasso in corso si trasformi in qualcosa di peggio?

Le risposte che ha trovato non sono banali. Non sono nemmeno definitive. Ma sono fondate. Ed è proprio questa la parte più interessante. Non c’è bisogno di indovinare il futuro quando puoi guardare con occhi nuovi il passato. Non serve una sfera di cristallo. Serve pazienza, metodo e attenzione ai dettagli. Tutto ciò che Luca ha messo sul tavolo in questi mesi.

Quando la storia bussa alla porta: il metodo di Luca

Per capire il presente, Luca ha deciso di scavare nel passato. E lo ha fatto in modo quasi ossessivo, analizzando tutte le principali discese dei mercati americani dal 1898 ad oggi. Non parliamo solo di crisi epocali come quella del ’29 o il crollo del 2008, ma anche di quelle correzioni “minori” che però, per chi le vive nel momento, sembrano catastrofiche. Come quella che stiamo attraversando ora.

Persona che studia un grafico dei mercati
Quando la storia bussa alla porta: il metodo di Luca-trading.it

Da febbraio 2025, infatti, il mercato ha iniziato a perdere terreno in modo costante. E il Dow Jones ha già registrato un calo di circa il 12% da inizio anno. Non è ancora un bear market ufficiale, ma nemmeno una flessione leggera. È quel limbo scomodo dove il panico comincia a farsi sentire, ma l’idea del tracollo sembra ancora lontana. O forse no?

Partendo da ogni ribasso documentato, Luca ha cercato tre cose: la durata, l’intensità e il contesto. E con queste variabili ha creato un archivio visivo e numerico, come un diario digitale dei momenti più bui di Wall Street. È così che ha capito che una discesa del 10-15%, come quella attuale, non è affatto rara. Anzi, accade in media ogni 1 o 2 anni. È quasi fisiologica, potremmo dire.

Ma la domanda più urgente resta un’altra: può peggiorare? Luca ha osservato che ogni volta che il mercato scende oltre il 20%, si entra in una nuova fase, definita “bear market”. Questa soglia viene raggiunta storicamente ogni 6-10 anni. E ora, con il Dow Jones già sotto del 12%, la soglia critica si avvicina.

Quanto dobbiamo preoccuparci davvero? I numeri parlano

E qui arriva il punto che ha colpito di più Luca. Sulla base dei suoi dati, la probabilità che il ribasso attuale si estenda fino al 20% è attorno al 30%. Non è un’ipotesi remota, né una certezza assoluta. È quella zona grigia che rende tutto più incerto, ma anche più interessante. È come se la storia ci dicesse: “Attento, potresti essere a metà del percorso”.

Analisi di dati
Quanto dobbiamo preoccuparci davvero? I numeri parlano-trading.it

Luca ha poi incrociato un altro dato fondamentale: quanto tempo serve, in media, ai mercati per tornare ai massimi dopo un ribasso marcato. Qui le differenze sono notevoli. Nei casi in cui il mercato ha perso tra il 20 e il 30%, il recupero è avvenuto in un periodo che va da 6 mesi a 2 anni. Un tempo relativamente contenuto, compatibile con cicli economici normali. Dopo la correzione del 1987, ad esempio, Wall Street ha recuperato i massimi in meno di due anni.

Diverso è il discorso per i grandi crolli: se pensiamo alla crisi del 2008, con un calo di oltre il 50%, il recupero pieno dei massimi è arrivato solo nel 2013, circa 5 anni dopo. Ancora peggio nel caso della Grande Depressione del 1929, dove il mercato impiegò oltre 25 anni per tornare ai livelli pre-crisi. Tuttavia, si trattava di scenari storici molto particolari, segnati da guerre mondiali o crisi finanziarie sistemiche.

In sintesi, i numeri suggeriscono che il tempo di recupero dipende più dall’intensità e dalla causa del crollo che dal calo in sé. Se la discesa resta contenuta, la probabilità di rivedere i massimi in tempi ragionevoli è buona. Ma se i problemi diventano strutturali, tutto si complica. E per ora, il quadro è ancora in evoluzione.

È qui che l’approccio di Luca fa la differenza: non offre risposte pronte, ma aiuta a farsi le domande giuste. In un’epoca in cui l’informazione vola e la paura si diffonde rapidamente, avere uno sguardo lungo e critico sui dati può davvero fare la differenza.

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