La pressione per il cambiamento nelle politiche energetiche travolge le banche americane, costrette a disinvestire nei settori più coinvolti nell’inquinamento ambientale.
Alcune banche degli Stati uniti hanno rivelato i loro progetti per la diminuzione progressiva degli investimenti nel settore dei carburanti fossili, con un obbiettivo per il 2050 in cui Citigroup, Wells Fargo, Bank of America, prospettano un impatto zero rispetto alla scelta dei loro finanziamenti e nel loro portafoglio di investimento.
Lo scorso anno, le banche hanno effettivamente ridotto gli investenti nel settore dei carburanti fossili di almeno il 9%. Tuttavia la tendenza innescata per cause connaturate alla crisi sanitaria internazionale, potrebbe rivelarsi compromessa, se la pressione da parte dei gruppi ambientalisti per il rispetto della transizione ecologica, prevista anche dai risultati degli accordi di Parigi del 2015 sul clima, non trovassero un’eco sufficiente nell’opinione pubblica. Ciò che può sostenere gli sforzi sul lungo termine è l’aspirazione che i governi regolamentino con una serie di bonus e malus le attività di investimento sul settore delle rinnovabili e quello dei carburanti fossili, costituendo così una disincentivazione programmata, che renderebbe economicamente irrazionale i crediti verso aziende non allineate agli standard di impatto ambientale.
Secondo i dati pubblicati sul sito banking-of-climate-chaos, JPMorgan Chase continua a essere il creditore maggiore dell’industria dei carburanti fossili con più di 50 miliardi di dollari di finanziamento solo nello scorso anno. Mentre la più virtuosa Wells Fargo, è passata in due anni dal secondo al nono posto nella graduatoria per l’impatto ambientale.
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In linea con le aspettative per un cambiamento di rotta, Citigroup promette che dopo la fine dell’anno non accetterà più nuovi clienti che abbiano interessi economici nello sfruttamento e nell’espansione dell’economia basata su energie non rinnovabili, e dopo il 2025, rendendosi ancora più selettiva, escluderà dalla propria clientela coloro che non avranno un piano per la conversione energetica delle proprie attività economiche.
Un altro cambiamento importante sembra essere avvenuto anche nelle politiche di HSBC Holding, una delle realtà finanziarie più grandi al mondo, con sede nel Regno Unito, che con oltre 40 milioni di clienti, dopo essere stata messa sotto inchiesta dai gruppi ambientalisti a causa del coinvolgimento dei suoi finanziamenti nell’attività di deforestazione, pianifica non solo l’eliminazione delle attività di investimento nei settori che alimentano l’emissione di gas effetto serra, entro il 2050, ma anche l’adozione di una politica di attiva di investimenti, con uno stanziamento di oltre un miliardo di dollari nei prossimi dieci anni, al fine di assistere la propria clientela nella riduzione delle attività economiche responsabili del degrado ambientale.
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Nell’Unione Europea gli istituti di credito sembrano invece, da questo punto di vista, più vicini agli impegni per ridurre l’impatto negativo sul clima. Ai primi nove posti della classifica infatti figurano istituti di credito italiani, francesi e spagnoli. Le prime tre banche sul podio per impegno attivo nella riduzione delle politiche di finanziamento delle attività legate ai carburanti fossili sono, infatti Unicredit, BNP Paribas, Credit mutuel.
La consapevolezza dell’interdipendenza tra le condizioni ambientali e l’andamento dell’economia globale, è un fattore di rischio che non può essere più messo in secondo piano. Gli investimenti, compresa la politica economica, devono quindi valorizzare un circolo virtuoso, tra la sostenibilità ambientale e le aziende le cui attività e innovazioni concorrono a sostegno di un mondo nel quale, con la riduzione degli effetti distruttivi del riscaldamento globale, possa evitare di incorrere in eventi imprevedibili sull’economia nel suo complesso.
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