Non si può perdere tempo, l’anno nuovo è iniziato, ed occorre fare i conti con situazioni inedite e in certi casi, spiacevoli. Cosa succede alla contestazione disciplinare sul lavoro nel 2025?
Anno nuovo, normativa aggiornata, cosa aspettarsi dalle ultimissime novità? La Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di contestazione disciplinare sul lavoro, sancendo una volta per tutte, un cambio di rotta nel 2025. Chi vivrà dei guai? La situazione merita di essere approfondita, perché alcuni subiranno delle conseguenze amare da digerire. Il provvedimento cambia lo scenario futuro, bisogna prepararsi per tempo, e nella maniera più opportuna.
Cosa può portare al licenziamento del lavoratore? La Corte di cassazione si pronuncia con tutta una serie di sentenze, fondamentali per disciplinare caso per caso. Infatti, la complessità è data dal fatto che la situazione non sarà uguale per tutti a prescindere, e proprio per questo è bene conoscere quali sono le conseguenze di ogni singola casistica.
Ovviamente, si parte dal fatto che con la contestazione in questione si ha a che fare in tutti i casi, con lo stesso minimo comun denominatore: misura presa dall’azienda nei confronti del lavoratore che non rispetta le regole e le condizioni del regolamento vigente. Il tutto, in maniera grave e manifesta, c’è possibilità di contestare? Anche qui, tempi e direttive specifiche non mancano.
Quindi, al di là del profilo e della situazione, si tratta in ogni caso di un provvedimento assunto nei confronti di chi trasgredisce ed attua dei comportamenti che recano danno all’azienda e alle altre personalità incluse. Secondo quanto riportato nell’articolo n. 55 bis del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, i tempi della contestazione impongono 5 giorni massimo per trasmettere gli atti all’ufficio da parte del dirigente della struttura amministrativa.
Mentre la contestazione di quanto dichiarato, dovrebbe essere consolidata entro 40 giorni dalla ricezione dei documenti che lo determinano. Altrimenti, la stessa sentenza del 2001 la n. 7642, ne afferma l’irregolarità.
Sempre una sentenza, la n. 57 della Corte d’Appello di Torino, dichiara il principio della “certezza” dell’illecito da parte di chi la muove. Non ci può essere margine di “genericità”, e se la PA non interviene nel tempo, pur avendone gli elementi per procedere, tutto decade perché questa potrebbe rimanere “ingiustificatamente” ferma.
Immancabile anche il criterio “dell’immediatezza”, il quale sancisce il diritto di recesso del datore di lavoro. Se questa viene meno, ecco che quanto “contestato” è grave, ma non al punto da determinarne all’istante il massimo provvedimento, cioè il licenziamento. Ovviamente, questo principio va inteso anche in maniera relativa anche alle azioni che necessitino di una valutazione più lunga nei confronti di tutta una serie di atti che vanno attenzionati.
La questione non finisce qui, perché vige anche il diritto di difesa della parte colpita, il quale non può essere violato anche se il soggetto in questione sia in pieno torto. Se l’audizione è fissata dal datore di lavoro ad una data precedente alla conoscenza legale della contestazione, si parla di un licenziamento illegittimo senza necessità di provarlo. Per legge, dice la Cassazione Civile nella dichiarazione n. 34702, la difesa procede dall’esatto momento legale in cui il lavoratore ha conoscenza della contestazione degli atti da lui mossi, non quando non lo sa, cioè prima. Cosa è necessario sapere sul procedimento disciplinare? Sfumature complesse, ma rilevanti.
Per far in modo che sia concluso, bisogna far entrare in gioco il principio del giusto procedimento. Assume un ruolo fondamentale nei confronti dell’ufficio competente che tratta la questione. Avviarlo correttamente seguendo le fasi di addebito, istruttoria e sanzione, è necessario recepire correttamente la notizia di infrazione, per darne il corretto inizio. Una volta acquisita correttamente, si considerano i tempi ai quali adempiere.
Se si parla di procedimento disciplinare, dice il Tribunale di Genova alla dichiarazione n.345, la durata complessiva è di 120 giorni dalla contestazione. Ma ecco che nel pubblico impiego contrattualizzato si introduce una regola generale, quella dell’autonomia dei procedimenti, quello penale ha altre sfaccettature che lo differenziano. Infatti, la “sospensione” potrebbe non essere sempre obbligatoria, ma legata solo ai casi più gravi, lasciando comunque libera la PA di valutare in base al caso concreto.
Ecco perché si faceva accenno nel primo paragrafo al fatto che possa valere o meno per tutti. Sempre per la sanzioni disciplinari, non basta che il fatto sia appreso oggettivamente, ma serve che l’Amministrazione datoriale ravvisi un illecito ascrivibile al soggetto in modo evidente. Soprattutto che si contesti una condotta cosciente da parte dell’inadempiente. Per far si che ogni aspetto sia valido, bisogna che nell’atto ci siano i fatti addebitati accertati. Non è necessaria quella della sanzione prevista per gli illeciti.
Le sanzioni edittali stabiliscono la sorte del dipendente, non in base a quanto la PA decida in modo arbitrale. In sostanza, una volta accertato tutto, non si può scappare dalle conseguenze stabilite per legge secondo la dichiarazione n. 20845 della Cassazione Civile. Qual è l’esito di questo procedimento? Soddisfatti i principi e i diritti di difesa e giusto processo, con tutte le fasi, si valuta se la gravità di quanto accaduto comporti licenziamento, o meno del dipendente, la massima sanzione possibile.
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