L’assegno di invalidità nella trasformazione in pensione di vecchiaia subisce riduzioni e trattenute, ecco tutto quello che c’è da sapere.
L’assegno ordinario di invalidità è rappresentata da una prestazione economica, ne hanno diritto sia i lavoratori dipendenti che autonomi. Per ottenere la prestazione è necessario avere un’invalidità fisica o mentale che non deriva da cause di servizio. L‘infermità deve esser accertata dai medici INPS e deve provocare una riduzione di due terzi della capacità lavorativa. Inoltre, il lavoratore deve avere un’anzianità contributiva di cinque anni, di cui almeno tre anni devono essere versati negli ultimi cinque anni antecedenti la presentazione della domanda (Legge 222/84).
L’assegno di invalidità non è una pensione definitiva, infatti, è trasformato automaticamente in pensione di vecchiaia, quando il lavoratore raggiunge l’età pensionabile. La trasformazione in pensione di vecchiaia è effettuata in automatico dall’INPS quando il lavoratore possiede oltre all’età anagrafica. Inoltre, deve maturare anche l’anzianità contributiva di minimo venti anni e abbia cessato l’attività lavorativa. L’Assegno di invalidità torna cumulabile con i redditi da lavoro: aumento dal 74% al 99%
Se il lavoratore ha periodo in cui ha percepito l’assegno ordinario di invalidità ma non ha contributi da lavoro dipendente o autonomo, questi periodi sono considerati utili per il diritto alla pensione. Ma non sono utili per determinare il valore della pensione. In ogni modo la pensione di vecchiaia non può essere inferiore all’assegno di invalidità.
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L’assegno ordinario di invalidità prevede una riduzione se il lavoratore continua a lavorare, nello specifico l’assegno si riduce del 25% se il reddito prodotto supera quattro volte il trattamento minimo, e il 50% se il reddito supera cinque volte il trattamento minimo. Inoltre, con quaranta anni di contributi non opera nessuna ritenuta, mentre con un’anzianità contributiva inferiore ai quaranta anni scatta una trattenuta che varia in base alla provenienza del reddito, se da lavoro dipendente o lavoro autonomo.
Nel caso di lavoro dipendente la trattenuta è del 50% della quota che eccede il trattamento minimo e non può superare il 30% del valore complessivo del reddito prodotto.
Fonte: Legge 222 del 12 giugno 1984
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