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Arriva un accertamento fiscale? Niente paura, ci si difende così

Un accertamento fiscale, al solo nominarlo ci si sente male. Ma la legge ci permette di difenderci…

Sono davvero poche le cose che possono metterci più paura di un controllo fiscale sui nostri conti corrente. Per non parlare poi di un avviso di accertamento esecutivo o di un accertamento con adesione. Di questo e altre questioni attinenti vogliamo parlare in questo articolo cercando di fare chiarezza e capire come difenderci in sede legale per evitare di finire nelle spire del Fisco.

Durante un’ispezione del Fisco potrebbe saltare fuori di tutto: da movimenti di entrata o uscita sul conto corrente, a un errore nell’applicazione del calcolo delle imposte, fino a movimenti sul conto corrente che non si possono giustificare. Diventa allora fondamentale avere chiari i propri diritti nella fase di verifica del Fisco. Impostare correttamente la propria difesa nella fase iniziale dell’accertamento è spesso di fondamentale importanza.

Scatta l’accertamento fiscale sul conto corrente. Ecco quando…

L’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza e la Commissione Tributaria possono esercitare controlli sul conto corrente senza preavviso. Possono richiedere a Poste Italiane o agli istituti di credito informazioni utili per l’indagine. Inoltre Il Fisco può carpire informazioni utili sul reddito del contribuente attraverso l’Anagrafe dei conti correnti.

Questo può accadere quando si rilevano discrepanze tra i dati presentati al Fisco e gli elementi forniti dai contribuenti. Per esempio spesso l’accertamento scatta in seguito alla vendita di un immobile per un valore più basso rispetto al valore di mercato o se un pensionato dichiara come fonte di reddito o per movimenti di entrata e uscita sul conto corrente sproporzionati rispetto al reddito… Insomma, se il Fisco intravede la presenza di redditi non rilevabili nella dichiarazione parte con la presunzione d’incassi in nero, sino a prova contraria.

I termini legati agli accertamenti fiscali variano in rapporto al presunto reato fiscale e quindi possono esser molto celeri o più dilatati nel tempo. È più corretto trovare dei termini di prescrizione o decadenza degli accertamenti fiscali che variano in base all’illecito oggetto della verifica.

 

Avviso di accertamento: vediamo cosa è e quando scatta

L’avviso di accertamento è l’atto attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate, notifica la pretesa tributaria al contribuente come risultato dell’azione di controllo. Per avere validità e non essere dichiarato nullo deve riportare diversi elementi, tra cui: le imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute di acconto; la base imponibile rilevata e l’aliquota applicata; termine e modalità di versamento; l’indicazione dell’ufficio predisposto alle informazioni; l’organo giurisdizionale a cui presentare ricorso.

Chi riceve un avviso di accertamento può avere una riduzione sulle sanzioni, se rinuncia al ricorso. E’ quel che si chiama acquiescenza e prevede ovviamente che ci si impegni a versare le somme dovute, a cui sono state applicate appunto delle riduzioni.

Un’altra azione è la presentazione dell’accertamento con adesione, un patteggiamento che prevede l’applicazione delle sanzioni pari a un terzo del minimo stabilito dalla normativa.

Quando scatta l’esecutività dell’avviso di accertamento

L’avviso di accertamento è esecutivo (Legge n. 111 del 15 luglio 2021). Trascorso il periodo utile per la proposizione del pagamento o del ricorso, il Fisco emana un avviso di accertamento esecutivo. Questo significa che non arriva la cartella di pagamento ma una lettera con cui l’Agenzia delle Entrate comunica l’avvio del procedimento di pignoramento di beni mobili e immobili, conto corrente, stipendi, pensioni. Scatta una procedura che non prevede notifica della cartella esattoriale.

Per difendersi bisogna impugnare l’atto di avviso di accertamento dinanzi a una Commissione Tributaria (organo della magistratura che si occupa delle controversie in materia fiscale). Dalla notifica dell’accertamento fiscale il contribuente dispone di sessanta giorni per contestare l’atto. Sino al valore di 3mila euro è ammessa l’autodifesa in giudizio. Ma è sempre meglio appoggiarsi a un consulente esperto.

Per evitare di affrontare un contenzioso con il Fisco o una riscossione coattiva esistono diversi strumenti difesa per il contribuente: accertamento con adesione, autotutela, ricorso tributario, acquiescenza, reclamo/mediazione e conciliazione giudiziale.

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L’accertamento per versamenti sul conto corrente scatta quando…

Il Fisco può allertarsi per diverse situazioni legate ai movimenti di entrata e uscita del conto corrente. Facciamo un esempio: il contribuente in disoccupazione che versi sul proprio conto una somma che supera i 5mila euro. È possibile che parta una segnalazione dalla stessa banca proprio sulla base dello stato di disoccupazione del soggetto in questione.

L’Agenzia delle Entrate allora potrebbe notificare un atto impositivo. Il contribuente viene messo nelle condizioni di pagare le imposte su quanto versato considerato come soldi “in nero”, salvo prova contraria o impugnare l’avviso di accertamento.

Il Fisco monitora costantemente i conti correnti di milioni di persone per identificare possibili scostamenti tra quanto dichiarato e i soldi accumulati negli anni sul conto corrente. Il Fisco cerca, quindi, di scoprire incoerenze che possono riguardare anche il frutto di redditi esenti, donazioni o quant’altro. E’ importante sottolineare che l’Amministrazione Finanziaria parte con la presunzione di reddito in nero, fino a prova contraria.

Quando può arrivare l’accertamento fiscale?

La tempistica con cui potrebbe giungere un accertamento fiscale dipendente da due opzioni: ci si trova nella situazione di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi nei termini di legge. In questo caso il periodo temporale per la notifica dell’avviso di accertamento corrisponde a sette anni.

Oppure non si sono riportati tutti i redditi nella dichiarazione dei redditi, o, per meglio dire, aver dichiarato molto di meno di quanto percepito o di aver commesso altre irregolarità. In questo caso il periodo temporale corrisponde a cinque anni;

I termini di decorrenza si conteggiano dall’anno successivo riferito alla data di presentazione della dichiarazione o dal momento in cui avrebbe dovuto provvedere alla presentazione nei termini di legge. Trascorsi tali termini l’avviso di accertamento fiscale viene ritenuto illegittimo.

Fabrizio Lodi

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