Ancora una volta sotto la lente gli ammortizzatori sociali italiani. Tra i primi a pesare sui conti pubblici superbonus e Rdc o reddito di cittadinanza.
Il sussidio appare oggi come una disincentivazione alla ricerca di un lavoro e troppo elevato rispetto al costo della vita.
Il recente rafforzamento dei requisiti sull’accettazione di un lavoro sono tutti espedienti per limitare gli effetti controproducenti della misura. Per evitare di creare una dipendenza dai sussidi è da stimolo secondo Fmi prevedere una riduzione graduale del sostegno in termini di reddito.
Soprattutto in questo periodo assistiamo a un disallineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro. Il fenomeno è dovuto soprattutto a salari troppo bassi e all’eccessivo uso di contratti a termine. Questo avviene in particolare nel settore turistico alberghiero che per la stagione estiva è in difficoltà. Oltre a questo in generale le offerte di lavoro presentano stipendi troppo bassi in particolare per gli over 50. In assenza di un intervento sull’adeguamento del salario minimo, il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro rimane esposto alle dinamiche di mercato.
Per quanto riguarda il Superbonus edilizio l’accorgimento è razionalizzare sempre più la spesa limitando, come già successo, le imprese appaltatrici e i costi ammissibili.
Superbonus e RdC sono troppo onerosi. L’obbiettivo va spostato sulle riforme strutturali al sostegno della crescita sul lungo periodo
Nel rapporto stilato al termine della missione in Italia, FMI ha ridotto inoltre le aspettative sulla crescita del Pil italiano. In leggera contrazione rispetto a quelle della Bce e pari a circa il 2,5 e 1,75% per il 2022 e il 2023. L’inflazione media annua attesa per quest’anno è del 5,5%. Un picco che verrà compensato solo in parte dagli investimenti relativi al Pnrr.
Per aumentare la produttività e ridurre il deficit sono necessarie riforme strutturali compreso un ampliamento a gettito invariato della base imponibile per rendere il sistema fiscale più equo. Quello che si legge nel testo del rapporto non aggiunge nulla che non fosse già stato messo in conto dall’attuale Governo. Tuttavia le intenzioni devono essere suffragate dai fatti senza che questi entrino in contraddizione con gli effetti a lungo termine sul bilancio statale. Di questo è necessaria è una revisione completa
per trovare risparmi significativi e mantenere sul lungo termine il contenimento della spesa per ottenere un avanzo primario al 2%. Solo così si creerebbero spazi per investimenti di massimo importanza quali quelli su: clima, energia, l’educazione, innovazione. Secondo Fmi il Governo si può così impegnare per raggiungere l’obbiettivo di riduzione del debito pubblico al 135% entro il 2030.