Addio ai debiti con il Fisco grazie a questo trucco che pochi conoscono ma funziona davvero ed è legale

La prescrizione opera anche in materia di debiti del contribuente verso il Fisco. Chiariamone il funzionamento.

In materia di imposte e tasse, il contribuente non deve dimenticare che esistono termini di prescrizione. Ecco con quali modalità far dichiarare la prescrizione e come annullare la cartella esattoriale.

Debiti con il Fisco
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Una domanda che legittimamente potrebbe farsi ogni contribuente è la seguente: quando vanno in prescrizione i debiti con l’Agenzia delle Entrate? Ci riferiamo ovviamente all’ente che si occupa dell’accertamento e del recupero delle somme che i cittadini devono alle casse dello Stato.

Nell’ambito non sono parte i debiti dovuti agli enti locali (Province, Comuni, Regioni). Pensiamo a spese come quelle legate al pagamento dell’Imu e della Tari: ebbene, in questi casi la prescrizione è di 5 anni.

Irpef, Ires e Iva: quando vanno in prescrizione? Vediamolo di seguito, nel corso di questo articolo, che intende rappresentare una breve guida pratica sulla prescrizione dei debiti del contribuente.

Debiti con l’Agenzia delle Entrate e prescrizione: il contesto di riferimento

La migliore definizione di prescrizione in ambito civile è la seguente: quando scatta, essa rappresenta il venir meno di un diritto. Ciò a causa del decorso di un determinato lasso di tempo.

Più precisamente: la prescrizione determina la perdita di un diritto perché il titolare di quel diritto non lo ha esercitato per il periodo di tempo indicato dalla legge. Il titolare in questi casi è il Fisco nei suoi rapporti con il contribuente.

La prescrizione è interamente disciplinata dalle norme vigenti, perciò i singoli cittadini non hanno possibilità di mutarne regole e funzionamento.

Ebbene, premesso ciò, ricordiamo che anche i debiti, anzi tutti i debiti, hanno una data di scadenza. E ci riferiamo anche a quelli con l’Agenzia delle Entrate. In particolare la scadenza – che tecnicamente è detta ‘prescrizione’ – non è identica per tutte le tasse e le imposte, ma cambia in base a ciascuna di esse. E chiaramente la prescrizione è un meccanismo che gioca a vantaggio del debitore – contribuente.

Debiti del contribuente verso l’Agenzia delle Entrate: quando scatta la prescrizione?

Ricordiamo che, in linea generale, le imposte e le tasse riscosse dall’Agenzia delle Entrate sono caratterizzate dalla prescrizione in 10 anni.

Ma in particolare, quando va in prescrizione l’Irpef? Come moltissimi già sapranno, si tratta dell’imposta sui redditi – versata annualmente dalle persone fisiche, vale a dire i privati cittadini, e dalle società di persone.

L’Irpef cade in prescrizione dopo 10 anni a decorrere dal primo gennaio dell’anno posteriore a quello in cui detta imposta è dovuta. Perciò l’Irpef del 2022 va in prescrizione il 31 dicembre 2032, ovvero dieci anni dopo il primo gennaio 2023.

Analogo lasso di tempo vale per la prescrizione delle cartelle esattoriali emesse dopo l’omesso versamento dell’imposta in oggetto. In queste circostanze, il termine comincia a decorrere dal giorno posteriore alla notifica della cartella stessa. Chiaramente si tratta di regole che – pur essendo molto settoriali – ogni contribuente alle prese con debiti verso il Fisco, farebbe bene a conoscere.

Prescrizione Ires e Iva: come funziona e quando scatta

Ricordiamo inoltre l’Ires, ovvero l’imposta che pesa sulle società di capitali (Spa, Srl, Sapa). Si tratta di un’imposta erariale che, sul piano della prescrizione, non segue regole diverse dall’Irpef.

L’Ires va infatti in prescrizione dopo 10 anni, decorrenti dal primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui l’imposta è dovuta. Analoghe considerazioni valgono per la cartella esattoriale collegata all’omesso pagamento dell’Ires.

Per quanto riguarda invece i rapporti tra Iva e prescrizione, ricordiamo che si tratta di imposta erariale di derivazione comunitaria. Anche per essa vale la regola generale della prescrizione in 10 anni, decorrenti dall’anno successivo a quello d’imposta. Non diverse le considerazioni per quanto attiene alla cartella esattoriale.

Prescrizione debiti con il Fisco: conseguenze

La prescrizione consiste in un automatismo, che è collegato al decorso del tempo. Non impone dunque un accertamento o certificazione da parte di un magistrato. Decorsi i termini, il contribuente può ritenersi libero da ogni obbligo di pagamento.

Attenzione però: se un debito cade in prescrizione e ciò nonostante il Fisco dovesse notificare al contribuente una richiesta di pagamento dopo l’effettiva prescrizione, detto atto andrebbe impugnato innanzi al giudice perché questi lo annulli.

Altrimenti l’atto diverrebbe definitivo e perciò non più contestabile. In queste circostanze, il destinatario-contribuente dovrebbe dare luogo al pagamento, per non subire il pignoramento dei beni – a causa dei debiti.

Se invece la richiesta di pagamento dovesse aver luogo prima che il debito sia andato in prescrizione, essa costituirebbe “atto interruttivo della prescrizione”. Per questa via, il decorso della prescrizione si interromperebbe e comincerebbe a decorrere di nuovo da capo a cominciare dal giorno dopo. Proprio per questo motivo la prescrizione potrebbe non aversi mai se, prima del sopraggiungere del termine, è notificata un’intimazione di pagamento a colui che ha debiti con il Fisco.

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