Abuso edilizio, parziale o totale, la demolizione scatta in alcuni casi secondo l’ultimo aggiornamento.
Bisogna conoscere la natura di un abuso edilizio per parlare di demolizione, perché ciò avviene in certi casi, ma non in tutti. Secondo l’ultimo aggiornamento giurisprudenziale, non si concretizza in automatico, ma per condizioni specifiche. A parlarne è il Consiglio di Stato mediante la sentenza che chiarifica la questione.

Si parla di intervento alternativo perché ci sono stati casi che non rientravano appieno nella decisione di demolizione.
La controversia nasce dall’abuso edilizio di opere realizzate in maniera difforme rispetto la concessione originaria, e dall’ingiunzione di demolizione da parte del Comune nei confronti di opere costruite da parte della proprietaria del terreno in esame.
Il permesso promuoveva la costruzione di una casa e di annessi agricoli, ma è stata realizzato tutt’altro. Un piano interrato con misure non prestabilite e tamponature esterne con porte e finestre. Si era ricavato pure un vano per servizi igienici. Infine, si è riscontrato che l’uso dell’edificio era passato da agricolo, a rimessa per attrezzature e automezzi industriali, utilizzando l’area antistante come deposito.
La proprietaria aveva risposto con l’impugnazione dell’ordinanza di demolizione davanti il TAR Lazio, affermando le sue obiezioni.
La sentenza si era basata sulla documentazione depositata in Comune, mentre il TAR aveva escluso che la demolizione si basasse sulla mancanza del titolo edilizio, ma si fondava invece sulla difformità delle opere rispetto a quanto definito in precedenza.
Quindi, questo legittima il Comune ad operare per il ripristino della situazione. Come si è conclusa la vicenda?
Casi per la demolizione dopo l’abuso edilizio: obiezioni alla sentenza e esito
La vicenda si è protratta anche perché la proprietaria ha avanzato delle obiezioni, le quali arricchiscono la giurisprudenza del caso, divenendo punto di riferimento per episodi simili del futuro. Chi ha avuto la meglio? Soprattutto: demolizione sì o no?

La proprietaria ha fatto appello al Consiglio di Stato dicendo che c’è titolo edilizio, perché sussiste una concessione nel 2002, quindi era il presupposto del provvedimento ad essere sbagliato. Avanza poi che non si è trattato di difformità gravi dato che non c’è trasformazione strutturale, né modifica funzionale dell’edificio.
Secondo questa, si potrebbero infatti applicare interventi sanabili in base all’art. 36 del testo unico edilizia, perché compatibili con la Zona D- artigianale/agricola, cioè con la destinazione urbanistica. Trattandosi di piccole trasgressioni, sarebbe bastata una sanzione amministrativa.
Consiglio di Stato e il giudice, ribadiscono quanto detto dal TAR: l’ingiunzione di demolizione non si è fondata sull’inesistenza del titolo edilizio, ma per le grosse difformità su quanto autorizzato e realizzato.
Se manca il titolo, si tratta di un errore formale, no sostanziale. In parole povere, nel caso in questione, si è costruito un edificio diverso da quello prestabilito.
La sentenza n. 2424/2025 del Consiglio di Stato afferma la demolizione per difformità totale, ma anche per quella parziale, a meno la demolizione, non danneggi parti conforme dell’edificio. Allora, in quel caso, ma solo in quel caso, si applicherebbe una sanzione pecuniaria. Questo secondo l‘integrazione degli arti. 31 e 34 del DPR 380 del 2001.