Potresti aver dimenticato un vecchio conto in banca, ma la banca non si dimentica di te. C’è un momento preciso in cui quel conto smette di essere “tuo” e finisce in mani statali. No, non è uno scherzo. Accade più spesso di quanto pensi.
E sapere come funziona può fare la differenza tra conservare i tuoi risparmi o perderli per sempre. Parliamo di conti correnti dormienti e di quello che può succedere quando il tempo passa in silenzio.
A volte capita di aprire un conto, lasciarci qualcosa dentro e poi dimenticarsene. Magari lo ha fatto un genitore, un nonno, o forse sei stato proprio tu, tanti anni fa. E intanto passano gli anni, senza movimenti, senza operazioni.

Finché un giorno, senza alcun allarme, quel conto scompare. O meglio: non è più accessibile come prima. Ma perché succede?
Molti pensano che un conto in banca sia eterno, ma non è così. Se per dieci anni non c’è alcuna operazione, nemmeno un piccolo prelievo, e il saldo supera i 100 euro, il conto diventa “dormiente”. Da lì, parte una procedura precisa: la banca avvisa con una raccomandata, e se non c’è risposta entro 180 giorni, chiude il conto e trasferisce tutto a un Fondo gestito dal Ministero dell’Economia, attraverso la Consap.
Il lato nascosto dei conti dormienti
Un conto corrente dormiente non è solo un conto dimenticato. È un conto che, secondo la legge, ha smesso di essere attivo. Ma non riguarda solo conti correnti: anche libretti di risparmio, titoli, assicurazioni e gestioni patrimoniali possono fare la stessa fine. E il punto è che, una volta che le somme vengono trasferite, riaverle indietro diventa molto più complicato.
La Consap conserva i fondi per altri dieci anni. Durante questo periodo, i titolari o gli eredi possono fare richiesta per il rimborso. Il sito ufficiale offre un servizio gratuito per verificare se un rapporto dormiente risulta a proprio nome o a quello di un parente. Basta avere i dati giusti. Ma il tempo corre, e una volta scaduto anche questo secondo termine, i soldi diventano definitivamente dello Stato.

È importante sapere che non tutte le operazioni contano per mantenere attivo un conto. I bonifici in entrata, l’addebito delle bollette o le rate non bastano. Serve un’azione consapevole da parte del titolare o una comunicazione alla banca che confermi la volontà di mantenere vivo il conto. Anche un semplice aggiornamento del saldo può fare la differenza.
E cosa succede se il titolare muore? Gli eredi possono intervenire, presentando documenti come il certificato di morte e quelli relativi alla successione. Se c’è un delegato operativo, può agire per tempo. Ma anche qui vale la regola dei dieci anni: oltre quel limite, il denaro non si recupera più.